Torna al sito Castelmagno-oc

Montagna: dov'è e cos'è...?

La Costituzione all'articolo 44 stabilisce che "La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane", ma individuare i confini della montanità non è sempre stata cosa facile e dal 1971 è diventato sempre più arduo capire dove si colloca.

La questione venne posta per la prima volta in parlamento il 23 giugno 1902 da Luchino Dal Verme, deputato dei monti piacentini, che in un suo intervento affermò che "…non è questione, onorevoli colleghi, di nord o di sud; è questione di monte e di piano" e per monte e piano si riferiva a dislivelli altimetrici.
L'identificazione di un parametro altimetrico per l'individuazione della "montanità" dei Comuni è del 1914, quando il deputato Giuseppe Micheli chiese che ai Comuni montani al di sopra dei 650 metri sul livello del mare venissero riconosciute le agevolazioni previste per il Sud.

"Noi chiediamo quindi che, come si è fatta altre volte una questione di latitudine, si faccia un pochino anche una questione di altitudine….mentre altre regioni gridano per la disoccupazione…e ottengono milioni e milioni, i nostri fratelli, i nostri figli, senza rumore vanno pel mondo a cercare il lavoro dove si trova".

Alla "altitudine" fa riferimento per la prima volta nel dopoguerra il D. Lgs. P. 27 giugno 1946, n. 98 "esenzione dalla imposta fondiaria e sul reddito agrario per i terreni montani" che stabilisce che "a decorrere dal 1° gennaio 1947 è concessa l'esenzione dall'imposta sui terreni e da quella sul reddito agrario nei Comuni il cui centro abitato sia situato ad una altitudine non inferiore a 700 metri sul livello del mare".
Di "altitudine" parla la prima legge in favore dei territori montani della repubblica, la n. 991 del 25 luglio 1952, la quale stabilisce che "…sono considerati territori montani i Comuni censuari situati per almeno l'80% della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non è minore di 600 metri".

Il legislatore aveva cercato saggiamente di abbinare il concetto di montanità alle curve di livello, questo fino alla nascita delle Comunità Montane nel 1971.
E' da allora che la montanità è diventata qualcosa di indefinito e indefinibile e con la costituzione delle C. M. paradossalmente la montanità in Piemonte scende in pianura.
Tutta la fascia pedemontana della regione diventa montagna per decreto, la "montanità" però non può essere disgiunta dalle quote altimetriche, anche se l'UNCEM difende gli attuali confini delle C.M. che racchiudono quelli che per essa sono dei "sistemi di Valle" omogenei.
Questi sistemi sono invenzione recente, non provengono dalla storia, che ne aveva disegnati altri, né da dinamiche legate all'economia che ha preso derive assolutamente divergenti rispetto a queste aggregazioni ormai anacronistiche.
Questi confini, decisi dal 1971, si allargano abbondantemente nella pianura sottostante il Monte e in Piemonte racchiudono la zona forse più dinamica della regione: la fascia pedemontana.

E' funzionale spezzettare una zona omogenea all'interno di decine di "sistemi di valle", oppure non è più efficace trovargli una collocazione in un "sistema pedemontano" che possa dare ai comuni che lo compongono il modo di creare le giuste sinergie per affrontare e risolvere i problemi specifici che con la montanità hanno poco a che spartire?

Quali sono i problemi e gli interessi che giustificano, ad esempio, la presenza di Busca in Val Maira o di Cervasca, Bernezzo e Vignolo in Val Grana?

Questi Comuni non hanno forse problemi di viabilità, di trasporti, occupazionali, sociali, per citarne alcuni, che sarebbe utile affrontare di concerto e con strutture organizzative adeguate?

I Comuni delle alte valli hanno qualche motivo per difendere l'attuale perimetrazione delle C.M.?

I Comuni pedemontani perché vogliono rimanere a tutti i costi in "sistemi di valle" che a loro stanno ormai stretti?

Se le C. M. stanno collassando come istituzioni buona parte della colpa è da imputarsi alla politica dell'UNCEM che si è arroccata in una strenua difesa della situazione attuale, senza capire che proprio ad uno sbagliato concetto di montanità è da imputarsi il fallimento delle C. M..
Quali sono i motivi che portano l'UNCEM e specialmente la delegazione del Piemonte, ad arroccarsi su posizioni di retroguardia? Domande retoriche, visto che mi pare di essere uno dei a vedere le cose in questo modo.
Eppure cercare di individuare correttamente i "sistemi" che compongono la Regione è un percorso affascinante e sicuramente efficace, perché non cogliere l'occasione della riperimetrazione delle C.M. per provare a disegnare una mappa del Piemonte che veda giustapposti tutti i tasselli che lo compongono?


Mariano Allocco

Presidio Alpino Prazzo\Valle Maira


 Per contattarci:  presidioalpino@tiscali.it