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Venou decò iù, no tu venes pà!!

Parafrasando una nota canzone di Vasco Rossi che recita… "Voglio trovare un senso a questa situazione, anche se questa situazione un senso non ce l'ha …" desidero fare alcune riflessioni a proposito delle vicissitudini politico-burocratiche che negli ultimi tempi stanno tormentando i poveri (in tutti i sensi) enti montani.

Premetto che fino a qualche tempo fa, come penso molti di voi, ero convinto che le vere cause del bilancio in passivo dello stato italiano fossero da addebitare al generale suo malgoverno, fatto d'investimenti per tenere in piedi società in cronico fallimento, opere faraoniche inutilizzate, stipendi d'oro di vari burocrati di stato, infinite auto blu utilizzate spesso in maniera non del tutto integerrima, mega stipendi a politici incapaci che passano il tempo a fare leggi insostenibili che poi loro stessi bollano come "porcate"… e via di questo passo.
Alla luce degli ultimi avvenimenti, invece, pare proprio che una buona parte del dissesto finanziario del nostro "belpaese", per taluni, sia da imputare alle "idrovore" zone montane!!
Non vedo in quale altro contesto inserire alcune recenti operazioni politiche amministrative.
Ma andiamo con ordine: facciamo un passo indietro di qualche anno e torniamo verso la metà degli anni '90, nel 1994 per essere precisi, anno in cui sotto lo stimolo del cuneese On. Natale Carlotto nasceva la legge n. 97\94 sulla montagna.
La stessa, tra le altre cose, istituiva il "Fondo Nazionale per la Montagna" che l'anno successivo, il governo guidato dall'On. Dini rimpinguò con una cospicua cifra di denaro poiché in quel calderone dovevano trovare sostentamento e fabbisogni i territori montani.
Fu quello il livello massimo di attenzione prestato verso le alte terre da un governo nazionale.
Da lì in poi i vari governi che susseguirono, dicasi D'Alema, Amato, Prodi, Berlusconi, in nome del sacrosanto risparmio, di finanziaria in finanziaria, iniziarono l'opera di svuotamento di tale istituzione.

Di pari passo, su un altro versante, sempre per "combattere gli sprechi", iniziava la demolizione delle istituzioni montane. Il parsimonioso Ministro Calderoli, (Lega Nord) un paio di anni fa, decideva la soppressione a livello nazionale delle sprecone Comunità Montane, decisione "rattoppata" da alcune regioni come la nostra con i famosi accorpamenti.
Con l'entrata in vigore della recente finanziaria questi enti passeranno di competenza alle regioni, le quali, se vorranno mantenerle, dovranno accollarsene anche le spese di gestione.
Uno tra i motivi per avvalorarne la cancellazione era che vi erano al loro interno comuni posti addirittura in riva al mare! Verissimo, peccato che le regole e l'elenco dei comuni che ne dovevano far parte li avevano decisi loro nelle segreterie dei rispettivi partiti d'appartenenza!!

Del resto non è forse vero che chi in passato ha osato esprimere perplessità sulla presenza in codesti enti di comuni un po' troppo pianeggianti era "bacchettato" senza indulgenza?
Ma non finisce qui, difatti l'opera di demolizione continua, con la sua privatizzazione è stata decisa la completa espropriazione della risorsa acqua dalla montagna, all'interno della finanziaria approvata nei giorni scorsi è stata decisa la diminuzione del 20% dei componenti delle amministrazioni di Comuni e Province ed è stata sfiorata la soppressione dei Bacini Imbriferi Montani, ma nello stesso tempo, sbandierando principi federalisti, sono stati destinati 600 milioni di euro al comune Roma e sono state gettate le basi per la creazione di una decina di grandi e potentissime aree metropolitane.
Si sa che per creare progetti di sviluppo e portare servizi non basta avere volontà e buone idee, ma ci vogliono i soldi, quindi quella di spostare una parte di "potere" dallo stato centrale verso le grandi aree metropolitane lasciando sempre più in disparte le zone marginali, è un'interpretazione molto bizzarra della parola "federalismo", cioè la distribuzione a tutti i territori equi poteri, doveri e facoltà.
Naturalmente anche sta volta, i più penalizzati da queste operazioni saranno gli enti più piccoli che, guarda caso, sono spesso localizzati in montagna.
Il fatto che al tavolo delle consultazioni sia stata invitata l'Associazione Nazionale Comuni Italiani di Chiamparino e Alemanno e ne sia stata tenuta fuori l'Unione Nazionale dei Comuni ed Enti Montani la dice lunga su quanto possano attendersi in futuro i nostri territori.

Inutile negarselo, questa nuova operazione politica, inserita nel progetto di legge della "Carta delle Autonomie Locali", sarà sicuramente funzionale a coloro che, basandosi sulle regole di mercato e del solo profitto, da qualche tempo sostengono l'improduttiva della montagna e auspicano lo spostamento a valle delle genti che vi abitano per risparmiare sull'erogazione dei servizi essenziali.
Nella quasi totalità delle valli occitane, in base alle riduzioni imposte dalle nuove normative, le future amministrazioni dei comuni fino a 1000 abitanti, saranno composte da un sindaco e otto consiglieri con la possibilità di nominare non più di due assessori.

A questo proposito è opinione di molti che bastino un sindaco e un buon segretario per gestire un comune di piccole dimensioni, ciò potrebbe anche essere vero, se questi enti fossero ricchi e fiorenti, ma giacché nelle nostre valli la situazione è tutt'altro che rosea e questi piccoli comuni hanno invece un disperato bisogno di amministratori che s'ingegnino a cercare nuove idee e soluzioni che rilancino il territorio, credo che questa soluzione sarebbe sì ottimale, ma solamente per governarne la loro lenta agonia.
I fatti testimoniano che quando le amministrazioni sono assenti o lontane dal territorio, i primi a risentirne sono i servizi, sempre più scarsi e scadenti, questo inesorabilmente comporta il progressivo abbandono del territorio da parte della sua popolazione.

C'è solo un problema, una volta spostata a valle la popolazione, il territorio su cui essa viveva rimane lì comunque. A questo punto bisognerà riflettere seriamente su quanto possa giovare all'incolumità della zona pedemontana avere a monte una consistente fascia di territorio totalmente abbandonata e priva di presidio umano.
Sembra evidente che la sensibilità di buona parte dell'attuale classe politica verso queste problematiche sia in sostanza nulla e già s'intravvede che i danni provocati da tale approccio stanno divenendo irrimediabilmente insanabili.


Ezio Donadio
Presidio Alpino - Castelmagno\Valle Grana


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