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Valle Grana
durante la guerra di successione austriaca:
combattimenti al Colle del Mulo (Fauniera) e dell' Ortica. (Racconto tratto da "La Valle Grana nei Secoli" di don Maurizio Ristorto) |
Nel 1742 in Valle Grana la situazione precipita, quell'anno scoppia la guerra per la successione al trono austriaco. Il Piemonte si allea con l'Austria, ma si vede presto minacciato dalle truppe gallo-ispane; il pericolo è grave soprattutto in alta Valle Stura perché di là il nemico prepara il passaggio in Piemonte. Truppe di ordinanza, al comando del marchese Pallavicini di Frabosa, si trincerano alle Barricate, contingenti di milizia paesana nel giugno sono richiesti ai Comuni dal conte Giuseppe Viterbo di Lemie, governatore della città e provincia di Cuneo, del forte e valle di Demonte. ll contingente fissato per Montemale è di 10 uomini, per Monterosso di 42; Valgrana da parte sua arruola e arma 24 uomini. Nel luglio del 1744 l'esercito dei gallo-ispani forte di 24.000 uomini scende dall'Argentera giungendo alle Barricate che ne dovrebbero bloccare il passaggio; il luogo infatti già naturalmente ben munito è stato consolidato con trinceramenti e muraglioni di difesa; anche le posizioni dell'ala sinistra sono state rinforzate e tutte le ipotesi si sono fatte, temendosi l'aggiramento del nemico che dal Colle della Maddalena, per il passo della Scaletta, potrebbe giungere fino alla Gardetta o da Acceglio in Valle Maira, salendo per la strada di Unerzo, potrebbe raggiungere la stessa località tanto piú che " le due strade sono traghettabili con bestie mulatine, o infine, per i colli del Preit, del Mulo e di Valcovera, salendo da Marmore, potrebbe introdursi in Valle Stura " Considerata l'importanza strategica
dei quattro colli che dominano il passaggio tra Valle Maira e Valle
Stura, secondo i piani del gen. Guibert, un battaglione di 700
uomini è stato disposto a guardia del colle del Mulo e di Valcovera
ed un altro battaglione ai colli della Scaletta e della Gardetta con
distribuzione di carabine rigate ai soldati e il piazzamento di quattro
pezzi d'artiglieria alla Gardetta allo scopo evidente d'impedire l'aggiramento
da Valle Maira per il vallone di Marmore e di bloccare il nemico nel
caso che, superate le difese avanzate della Scaletta e della
Gardetta, tentasse di scendere per il vallone dell'Arma
su Demonte. |
Ancora oggi a Castelmagno si ricorda "il
vallone dei morti" ove più aspro sarebbe stato il combattimento
e più numerosi i caduti. A pagare lo scotto di quei combattimenti
sono le frazioni Chiappi e Chiotti di Castelmagno che vengono saccheggiate
dai Gallo-Ispanici. Superate senza gravi difficoltà
le Barricate, i Gallo-ispani ai primi di agosto pongono assedio
al forte di Demonte che a detta degli esperti dovrebbe resistere
a lungo. |
Il combattimento ravvicinato dura violentissimo per circa quattro ore; i difensori, soverchiati dal gran numero degli avversari in cui rinforzo sono giunte truppe fresche, abbandonano la posizione, non tralasciando di far fronte al nemico che l'incalza. Dei nostri cadono non piú di 150 uomini tra cui due ufficiali subalterni, il capitano Cavaliere d'Orbassano e il capitano Fontana sono fatti prigionieri; il nemico conta 600 uomini tra morti e feriti. Avvertito dell'insuccesso del marchese di Garessio, il marchese Pallavicini e il conte della Rocca con granatieri e picchetti di soldati si muovono da Busca per proteggerne la ritirata, raggiungendolo quando già è a Valgrana. Caduto dopo pochi giorni il Forte di Demonte, il nemico dilaga verso Cuneo che è sottoposta ad un rigoroso assedio, mentre distaccamenti di truppe a piedi e a cavallo occupano le posizioni strategicamente piú importanti attorno alla Città. A Caraglio i Gallo-ispani al comando dei principi di Conti e Filippo di Borbone giungono il 19 agosto mettendo a ferro e fuoco il paese e razziando quanto possono; il 25 viene inviato a Valgrana un distaccamento di cavalleria con l'ordine di arrestare e condurre a Caraglio gli ufficiali del Comune cui è imposto il versameno entro 24 ore di L. 3500 e la contribuzione di 3000 emine di frumento, 1000 di segala, 1500 di biada; per le proteste dei sindaci la contribuzione è poi ridotta a 1500 emine di frumento che, per evitare il saccheggio del paese, dovrà essere condotto a Borgo S. Dalmazzo. Durante l'assedio che si prolunga contro ogni aspettativa del nemico, questi, avendo bisogno di legname, ordinerà ai nostri paesi il taglio straordinario di piante: a Valgrana saranno ottomila le piante abbattute; a Monterosso San Pietro per causa bellica verranno abbattuti frassini, pioppi e querce in gran numero. Alla partenza dei Gallo-ispani che dopo un inutile assedio sono costretti a ritirarsi in disordine, i nostri Comuni sono prostrati sia per le spese sostenute a causa della guerra sia per le razzie che il nemico vi ha perpetrato. A Monterosso San Pietro il Consiglio Comunale in seduta 3 febbraio 1745 ordina "...doversi porger a S. M. supplica per ottener la grazia sudeta (condono della paga del sale non levato nel 1744) et in essa rappresentarsi le miserie di questo luogo e danni causati dalla mortalità delle bovine, oltre li causati dalla guerra nella scorsa campagna, qual durante, sendosi contribuito, dissipato e consonto il poco fieno raccoltosi in questo luogo nel suddetto anno, vensero perciò li particolari necessitati d'ezitare li pochi loro bestiami per non aver piú di che nodrirli, gionto il tagliamento straordinario fattosi dalle truppe di tutte le piante di frassini, quercie e piobe, delle di cui foglie si valevano li poveri particolari per sostentare le poche loro bestie minute, stante la scarsezza ordinaria de' ?eni... et ciò oltre la morte causata a piú persone dal timore e fuga per evadersi dalle mani della truppa nemica che si trovava al Colle dell'Ortica in vicinanze de' foresti di questo luogo ". A Valgrana, che l'8 novembre 1744 ha avuto l'onore di una visita dello stesso re Carlo Emanuele III, fermatosi in paese per il pranzo, nella seduta del 19 ottobre 1745 il Consiglio Comunale, elencando i danni subiti durante l'occupazione nemica, delibera di presentare a S. M. supplica per ottenere la bonifca delle tasse da versare all'erario. Monterosso S. Pietro ancora nel 1751 chiederà il rimborso delle spese sostenute nella passata guerra quando truppe regie si accamparono nelle borgate Chiassorino, Alborné e Marchio, ottenendo un condono sulle tasse di L.888 e poi ancora di L. 482. |
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