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Castelmagno, tra storia e leggenda...

"La Bércha... La Fenestra dal Diaou!"

(La breccia... la finestra del diavolo!)

di Michelino Isoardi


Alle spalle dal Coulét (Colletto) sale una ripida dorsale rocciosa, che separa i valloni de l'Arbouna (Narbona) e di Champdarfei (Campofei). La cresta rocciosa dalla parte de l'Arbouna si presenta come una linea continua, con una parete in verticale, spesso strapiombante, potete osservane bene l'asperità guardandola dal versante opposto, dalla cima di Costa Drécha oppure da l'Enfernet.
Dalla parte di Valiéra (Valliera), invece, si staccano dalla linea continua dello spartiacque delle torri, alcune collegate alla cresta con una striscia sottile di rocce, altre isolate come torri di avvistamento, quasi per compensare in qualche modo la minor ripidità del pendio e garantirsi una migliore possibilità di difesa verso valle.

Tuttavia ciò che meraviglia di più, è che in questa continuità della barriera si apre un taglio netto, che incide via dalla cresta rocciosa una apertura regolare, simile ad una finestra:


..."La Bércha", "la Pourtiola", "La Fenestra dal Diaou".



Perchè la fenestra dal diaou? Eh si, è una storia lunga ...
Bisogna sapere che l'unico che percorreva in lungo ed in largo (per quanto fosse larga!) la cresta era un essere straordinario, padrone della sommità delle torri, dei prati ai loro piedi, padrone dei due torrenti che solcano le due vallette: L'era lou diaou!.

E non era certamente un diavolo da poco, anzi...
Forse non era lou majour (il più grande), il primo della gerarchia dei diavoli, ma certamente ben poco al di sotto, e apparteneva, pensate un po', addirittura alla cavalleria!
Questo nostro diavolo, non solo era un ottimo cavallerizzo e non poteva essere altrimenti visto il luogo in cui si esercitava, ma la sua cavalcatura era un animale speciale, era un cavallo di fuoco!

Bisognava vederlo, nelle notti scure, questo fenomeno!! Il diavolo appariva lassù, sulla cresta, sullo spartiacque fra la valle Grana e la valle Maira, ne percorreva al galoppo un bel tratto e, quando arrivava in prossimità del luogo detto Pouncha Chernaouda" cambiava direzione,
si precipitava come un torrente di fuoco giù dal prati lisci fino al “Pian des Masches" e da qui, con un bel salto, volava sulla cresta, percorrendola al gran galoppo.

Capirete lo stupore, la meraviglia e la soggezione che ne avevano gli antichi abitanti, quando il diavolo si faceva vedere così.
Lou diaou era potente, era grande, la faceva da padrone!
E poi bisognava vedere con che eleganza il suo cavallo di fuoco balzava sulle torri isolate e come si reggeva bene in luoghi, dove una persona solo a stento avrebbe potuto trovare posto.

Alcune volte, inoltre, si ferma va a volteggiare, in piroette spettacolari al Pian des Masches, accompagnando queste nei loro balli, nelle loro girandole vorticose, facendo udire il rumore degli zoccoli del cavallo oltre le urla di gioia e il fracasso che le masches (streghe) già per conto loro facevano.
Spettacolare poi era il salto che dalla cresta Lou diaou faceva per portare il suo cavallo all' abbeverata;
lo portava indifferentemente nel "Bial dl'Arbouna" come in quello di Valliera.
Era un pò come nel gioco della "barasauta".

La gente de l' Arbouna vedeva il cavallo abbeverarsi nel loro ruscello e poco dopo, con un gran balzo, sorvolare la barriera dello spartiacque; era in quell’istante che gli abitanti di Batouira, Valiéra e Champdarfei lo vedevano piombarsi nel loro torrente, quasi che quella bestia volesse bersi contemporaneamente l'acqua dei due corsi.


Siccome, però, era un cavallo speciale appena toccata l'acqua, questa ribolliva e si trasformava in nuvole di vapore.
Bisogna anche sapere che tutte le pozze, es oules, lungo questi torrenti sono state scavate dal battere degli zoccoli del cavallo del diavolo, che si creava così dei bei toumpi (pozze), per potersi meglio dissetare.
Le cose durarono così per secoli, per millenni, fin quando un giorno...
Un giorno successe qualcosa, un qualcosa che fece immensamente arrabbiare lou diaou!!

Arrivò qualcuno (non si sa se prete, frate o santo laico) che iniziò a mettere in dubbio presso gli abitanti di Castelmagno la credenza nel potere del diavolo; anzi, oltre a contestarne il dominio, diceva che lo sì poteva addirittura sloggiare e farlo sparire definitivamente da quella cresta.
Quando il diavolo venne a sapere queste cose, si arrabbiò, oh quanto si arrabbiò!
Moltiplicò le sue cavalcate, i suoi salti da un bial all'altro e non appariva solo di notte (come già faceva precedentemente) ma anche di giorno, in uno stato di vanagloria, di boria, di protervia:
così per farsi ammirare di più.
Un giorno in cui si accorse che alcuni abitanti cominciavano a credere al nuovo venuto, alla nuova religione allora il diavolo non ne potè proprio più.

Quando vedeva qualcuno di costoro (che lui considerava traditori) passare sui sentieri ai piedi d'la crésta, seduto a gangaiàn (a cavalcioni) sulla cresta, afferrava dalla stessa enormi massi che lanciava contro i malcapitati e fu solo per enorme fortuna (o era intenzione del diavolo?) che nessuno venne mai colpito .
Ma lo spaventare la gente per il diavolo non era sufficiente, nè bastava maledire questo predicatore quando andava nelle varie borgate: Occorreva estrometterlo!

Una volta che il missionario saliva verso Champdarfei, gli si parò davanti nella località denominata la Sarsa e in tutta la sua imponenza lo affrontò decisamente:
"Guarda io sono stato il padrone di questi luoghi da sempre, ho sempre fatto come ho voluto e ai pà damanca que tu venes a roumpeme i Chap,
se vas ren via, gardete!
Un giorno o l'altro prendo un pietrone e ti schiaccio sotto! E guarda pure che con te non sbaglio di certo!"
.
Mentre diceva questo, il cavallo del diaou posava i piedi nel Bial de Valiéra e tutta l'acqua ribollendo, svaniva in una nuvola di vapore.

Il nostro frate si rese conto che non aveva a che fare con un diaou qualsiasi e, anche se ne contrastava il potere, capiva che era difficile scalzarlo dal dominio che aveva sempre avuto su tutti gli abitanti di quelle borgate:
"Già, capisco che è facile per te, prendere un masso e tirarlo giù seppellendomi sotto:
tutti sono capaci a tirare sassi in basso, ma vorrei vederti a lanciarli in su, oppure caricartene uno sulle spalle e portarlo, per esempio, lassù, sul colle".

A questa affermazione seguì una gran risata del diavolo: evidentemente si rendeva conto che aveva dinnanzi un novellino, che non capiva proprio la potenza di cui egli disponeva.


Sempre ridendo, rispose:
"Bene, io ti dimostrerò la mia forza, la mia capacità. Se faccio questo, però tu te ne andrai da questi luoghi per sempre!".

AI buon missionario dispiaceva un patto del genere e tentò di tirare sul tempo: prima un anno, poi due, poi tre, finchè arrivò a concordare vent'anni e da quella data più non si mosse.
Il diavolo si dimostrò subito soddisfatto degli anni pattuiti perchè già calcolava che, date le apparenze, il suo avversario nel frattempo avrebbe anche potuto “andarsene”...

A questo punto vi era la necessità di accordarsi su come fare la scommessa, ma ci fu ben poco da negoziare;
lì il diavolo iniziò ad infervorarsi, in uno stato di furore esaltato e di vanagloria si aumentava le difficoltà da solo. Mentre all'inizio del colloquio era seduto comodamente sul cavallo, ad un certo punto si alzò dritto sulla schiena dell'animale, era tale l'impeto e l'ira con cui parlava, che camminava disinvoltamente sui collo e sulla groppa del cavallo, come se stesse passeggiando sulla piazza di Campomolino.
"...Ma io ... io taglio la roccia, così con tre soli colpi, me la carico sulle spalle, macchè sulle spalle, la prendo con una mano sola, s’la manchina ... ma que man manchina, m’la charjou sal dè marmlìn, mountou a caval e la portou ilamoun, sal col!"
"Questo lo farò domani a mezzanotte, ma voglio che tutti gli abitanti di Castelmagno ne siano testimoni!".

Al missionario dispiaceva un po' sottostare a queste regole, tuttavia sparse la voce della scommessa e fu così che tutti gli abitanti di quel comune si recarono in punti dove fosse possibile vedere bene.
Gli abitanti di Quiot e Quiap salirono con una buona marcia sulla sommità di Costa drécha, quelli di Niroun, d'Inaout e Champdamoulin si raccolsero in alto sui prati di questa borgata, mentre per tutti, gli altri fu sufficiente affacciarsi sulla soglia della propria casa per vedere cosa succedesse.


Qulla notte avvenne qualcosa di strepitoso. Mai si era visto il diavolo galoppare così, il suo cavallo era più veloce del fulmine, il rumore degli zoccoli rimbombava come il tuono, mentre il fuoco del suo cavallo, più fiammeggiante che mai illuminava un cavaliere che più maestoso non avrebbe potuto essere.

Mentre tutti gli abitanti di Castelmagno pensavano e dicevano l'un l'altro: "Aqueste isì, sì que és na meraveia!".
lou diau percorreva al gran galoppo la cresta di rocce. Arrivato ad un certo punto, si fermò, scese da cavallo, lasciandolo dalla parte dl'Arbouna, dove più ripido era il pendio, e sì senti allora un gran fracasso.


Il diavolo, adoperando le mani come due coltelli, le affondò nella pietra come una lama nel burro, poi, con la sola mano sinistra, divelse questa fetta di cresta, la palleggiò sulla mano facendola scorrere sulla punta delle dita per poi tenersela sul dito mignolo.

Con la pietra cosi sollevata salì a cavallo (c'è chi afferma che per il peso fortissimo che il cavallo dovette sopportare, venne incisa la forma degli zoccoli nella pietra sul versante del l'Arbouna).
Dopo di che tutti poterono osservare cavallo e cavaliere con il loro gran carico salire sui prati, che portano al colle.
Qui giunto, il gran diaou (e dopo questa impresa non lo si può che definire così) piantò a mo' di trofeo questo masso tra altri due, formando così una piccola caverna: La Barma dal diaou.

Si racconta ancora adesso che in questa barma però non conviene ripararcisi durante i temporali, perchè, forse per l'origine che ha avuto, su di essa cadono tanti di quei fulmini, che lascerebbero di certo carbonizzato l’incauto che vi avesse trovato riparo!

Dopo questa impresa, veramente grandiosa, il buon missionario se ne andò, e il diavolo già pregustava altri secoli di dominio indisturbato, tanto più che ora era visibile la finestra che aveva fatto nella roccia e, lassù, la parte asportata stava ad indicare che il diavolo avrebbe potuto, in un momento di nervosismo, schiacciare chiunque come un moscerino, soltanto l’avesse voluto.

Con il tempo nessuno parlò più del missionario e quasi ne era scomparsa anche la memoria a Castelmagno.
Invece egli si era rifugiato nel vallone dell’Arma dove aveva trovato ospitalità e alcune volte, facendosi accompagnare da giovani volenterosi, saliva da San Jacou e percorreva tutta la cresta della Cugùia, fermandosi
poi all'estremo limite da dove poteva avere una bella veduta su tutte le frazioni di Castelmagno.

Egli aveva una gran pena in cuore; avrebbe voluto scendere a trovare la gente, tanto più che adesso era accompagnato da valenti giovani, ma tant'è: patto è patto, sia pure fatto col diavolo.
Sl augurava solo di sopravvivere ancora per tutti gli anni della scommessa, poi... poi rimuginava col pensiero come avrebbe potuto in qualche modo averla vinta su quel temibile avversario.
Man mano che gli anni passavano, studiava il modo in cui avrebbe potuto metterlo nel sacco e finalmente gli parve di avere avuto l’idea buona.
Anche il diavolo contava il tempo, augurandosi che da un giorno all’altro gli arrivasse la nuova della fine del suo avversario.
Ma niente da fare: quello aveva l’anima più radicata di un frassino di montagna.


Allo scadere dei venti anni questo missionario, sceso dalla Cugùia attraverso il sentiero che dai Fourest porta a Champdamoulin,
cominciò di nuovo con i suoi giovani a recarsi a trovare la gente nelle borgate.
Non sto a descrivere tutta la faccenda, c’era chi lo accoglieva benevolmente, chi gli era indifferente, chi gli diceva in segno di scherno;
"Ah, ah! Espeta mac de troubate tourna dran al diaou! hai visto come è forte, questa volta non alla pietra, ma a te farà fare il volo..."

Il prete, dunque, quella volta decise di andare per primo a cercare il suo avversario, che già dava i soliti segni di nervosismo.
Lo aspettò proprio lassù, dove aveva lasciato il segno della sua potenza, alla Bércha, lì cominciò il dialogo usuale.

Il diavolo:
"Ma non hai capito che qui sono il più forte? vattene a casa del...Cioè, vieni a casa mia!"
oh come gli avrebbe fatto piacere averne uno così laggiù nelle pentole dell’inferno... lo avrebbe cucinato da far suo!!.

E il prete:
"Va bene quel che dici, so che sei potente, ma non penserai di poter regnare per sempre, arriverà la fine anche per te!".

E il diavolo:
"Hai visto cosa ho fatto l'altra volta, ...vuoi che porti via tutta la cresta?
Beica que siou bon a falou eh!??


"Ma no -ribatte il prete- non è il caso, lascia le cose come sono state fatte!
Piuttosto, visto che tu salti sempre con il tuo cavallo da una parte all'altra dal bial dl' Arbouna al bial de Valiéra, rimanendo però sempre su un solo versante, perchè non provi per una volta a saltare dall'altra parte, fin sulla punta della Cugùia?

Se riesci a farlo ti impadronirai anche dell'altro lato della valle, ed io questa volta ti riconoscerò il pieno dominio per sempre"


Oh, le risate del diavolo! Il suo ridere era come una cascata di massi, che nella discesa si urtano, si frantumano, provocando un gran rumore.
In effetti la prova chiesta da quel prete, per uno come lui era un gioco da ragazzi, solo che fino allora non vi aveva pensato mai: attraversare il cielo come la folgore, sul suo cavallo di fuoco, oh que gran blago!
Fu stabilita la data e comunicata a tutti.
Intanto lou diaou commentava con ironia le condizioni:"Diavolo, chi mai avrebbe vinto”.

Nel frattempo però il prete non stava con le mani in mano.
Sul versante che guarda Champdamoulin aveva cominciato a portare alcune travi: si era procurato un bel po' di paglia, di quella bella, diritta, buona per fare il tetto, dicendo che in quel posto aveva deciso di costruire una casetta.
Alla gente pareva la cosa più strana del mondo, ma tant'è! ...di gente strana è pieno il mondo.
E poi il frate aveva già cominciato a scavare le fondamenta e costruito i muri.

Arrivò il giorno (anzi la notte) della scommessa. Quando il buio era più profondo, si vide il solito spettacolo:
il diavolo cominciò a galoppare lassù sul colle come in un gioco di salto ad ostacoli e questo modo di galoppare faceva crescere lo stupore e l’apprensione a tutti.
Allo scoccare dell’ora della scommessa, lou diaou si lancia col cavallo a capofitto giù per i prati compiendo balzi enormi, fà tutta la cresta in un sol colpo, ma quando il cavallo pare stia prendendo lo slancio per volare dall’ altra parte della valle, accadde qualcosa di straordinario, di assolutamente inaspettato.
Sullo sperone di roccia, alta, imponente, improvvisamente si era illuminata una grande croce, rischiarata da un enorme falò, alimentato di continuo da couvoun de paia (covoni di paglia).


Come se gli si fosse parato innanzi un muro improvviso, come se avesse ricevuto un fortissimo pugno in faccia, arrestandolo di colpo nel gran salto. Cavallo e cavaliere precipitarono giù a picco, nel bial de l'Arbouna, come risucchiati in un vortice profondo. Dove toccarono fondo, con un rumore di ossa e corna rotte da mettere il brivido, si creò un gran toumpi, un'olla profonda.
Nè il diavolo,nè il suo cavallo qui si arrestarono, ma con una serie di rimbalzi fecero spruzzare l’acqua per centinaia di metri, andarono ad inabissarsi sotto un gran masso dove sembra che l'acqua venga inghiottita e scompaia.
Da quella notte il diavolo con il suo cavallo dì fuoco scomparve.

Rimase a testimonianza del suo enorme potere, quella porta aperta nella cresta, quella che ancora oggi viene chiamata La Bércha,
La Pourtiola
o, meglio ancora: La Fenestra dal diaou!

Nel punto in cui il prete aveva piantato la croce, gli abitanti dl'Arbouna e dal Coulét edificarono molti anni più tardi un bel pilone dedicato alla Madonna della neve.
Pian piano la nuova religione cristiana si estese, confermandosi nei riti e nei costumi, ma certamente fu cosa molto lenta, se ancora si ricorda che gli ultimi abitanti a convertirsi furono quelli di Champdarfei.

Ma il diavolo scomparve veramente per sempre? Sembra proprio di no.
Pare che si fosse affezionato a quei luoghi e si narra che, smesso il suo cavallo di fuoco e accontentandosi di un cavallo più modedesto,
ma pur sempre un bel cavallo nero, continuasse a scorazzare sullo spartiacque fra la valle Grana e la valle Maira, con alcune capatine verso Batouira e Champdarfei... ma questo fa parte di un'altra storia.




Immagini di: Elena Mattalia   Dario Donadio  Ezio Donadio



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