3) Intervista a Riccardo Serra del
09 agosto 2004.
D: Quando Lou Dalfin ha ripreso a suonare da chi era composta
la nuova formazione?
Era composta da Sergio Berardo, Dino Tron, Diego Origlia, Fabrizio
Simondi, Giorgio Raimondi e Riccardo Serra. Sergio suonava i suoi
soliti strumenti, la ghironda, l’organetto, la cornamusa, i flauti
e cantava; Dino suonava la fisarmonica, l’organetto, non mi ricordo
se suonasse già la cornamusa oppure no comunque so che suonava
il low whistle in qualche brano e cantava, faceva i cori; Diego Origlia
suonava la chitarra acustica e faceva i cori; Fabrizio Simondi suonava
la tastiera e cantava; io suonavo la batteria e facevo i cori e Giorgio
Raimondi suonava il basso. Il bassista in origine non esisteva, la
formazione era nata intorno a Sergio Berardo, Dino Tron e Fabrizio
Simondi.
Sergio aveva sentito suonare Diego Origlia al Silver e l’aveva invitato
a suonare nel gruppo; io ero entrato perché ero stato messo
in contatto da Ricky Dutto, un cantante con cui collaboravo allora,
che mi aveva fatto conoscere Sergio ad una festa e Simondi aveva parlato
di me a Sergio anche perché avevamo fatto il liceo assieme
e io su richiesta di Sergio avevo contattato questo bassista, Giorgio
Raimondi, che ha suonato con noi soltanto per un concerto, quello
al Silver bar del 28 dicembre del ’90, dopodiché è stato
invitato ad andarsene perché non era così interessato
al nostro repertorio.
D: Il materiale eseguito era diverso da quello precedente?
Immagino di sì. Era tutto molto più acustico di oggi,
ad esempio c’erano brani come En calant de Cimiez, Magalì,
La pencheniero, La chansoun di espouzes, tutti brani molto acustici.
La proporzione era di circa 60% tradizionale e 40% di composizione
di Sergio Berardo. C’erano molte arie; adesso noi rispettiamo molto
di più le strutture di danza invece questo era un concerto
di ascolto; con la chitarra acustica io suonavo molto spesso le spazzole,
Sergio usava moltissimo i flauti, non era tanto un ballo quanto più
un concerto da ascolto, acustico.
C’erano molti brani che avevamo ripreso dal repertorio dell’Arp e
dei dischi de Lou Dalfin precedenti, c’erano addirittura dei brani
di Rota, era veramente un altro spettacolo rispetto ad adesso.
D: Quanti dischi ha prodotto Lou Dalfin fino a oggi e dove ha tenuto
i suoi concerti più importanti?
I dischi sono W Jan d’l’Eiretto che abbiamo fatto con la formazione
di cui ti parlavo prima, uscito nel ’92. Poi Diego Origlia se ne è
andato ed è stato sostituito da Fabrizio Dutto che comunque
non ha partecipato alla registrazione del secondo disco, Gibous Bagase
e Bandì, perché c’erano già Alfredo Piscitelli
alla chitarra ed Enrico Damilano al basso; questo disco è del
’95.
Poi abbiamo fatto questa parentesi con i Sustraia ed è uscito
il disco Radio Occitania Libra registrato dal vivo in Svizzera e al
Salone della musica a Torino, ed è del ’97; in questo disco
non c’è già più Simondi. Il quarto disco si intitola
Lo Viatge ed è del ’98. Poi c’è La Flor de Lo Dalfin
con Daniele Giordano che sostituisce al basso Enrico Damilano e questo
disco è del 2001.
Poi c’è il singolo registrato da Madaski a Pinerolo con tre
brani che è del 2003 e poi c’è l’ultimo, del 2004, L’òste
del diau con un cambio di formazione: Christian Coccia alla chitarra
e Gianluca Dho al basso.
Ti elenco alcuni dei concerti più importanti che abbiamo fatto:
il concerto di Vic vicino a Barcellona (eravamo stati invitati lì
tramite Arezzo Wave a cui avevamo suonato nel ’94), il concerto al
Salone della Musica a Torino con i Sustraia, il concerto del primo
maggio a Torino davanti a 25.000 persone, il concerto per “Torino
è la mia città e non voglio perderla” davanti a 18.000
persone, in Piazza Castello, prima delle elezioni che hanno fatto
sì che Chiamparino diventasse sindaco di Torino. Se la variabile
è quella del pubblico abbiamo fatto un sacco di concerti importanti.
D: Qual è stata la portata dell’operato del gruppo nella
situazione delle valli?
Secondo me prima che Lou Dalfin esistesse non c’era una consapevolezza
di alcun tipo, se non da parte di gruppi minimi e settari, di ciò
che volesse dire Occitania, non si conosceva addirittura nemmeno la
parola Occitania, occitanismo, quindi Lou Dalfin è stato la
leva, la chiave di volta di tutto questo secondo me.
D: C’è stata un’evoluzione nella composizione del pubblico?
Sì, con l’andare del tempo si è sempre più allargato
l’interesse per questa musica, anche gente che non era strettamente
interessata a risalire nelle valli, gente che non era associata strettamente
al luogo in cui si tiene il concerto viene ad ascoltarci, anche gente
che non capisce assolutamente nulla di occitano viene ad ascoltarci,
ad esempio i ragazzini di Torino oppure andiamo a fare un concerto
in Sicilia e funziona benissimo.
Anche nelle stesse vallate è cambiato il pubblico perché
Lou Dalfin è puù conosciuto di un tempo, è un
gruppo che suona e la ragione per cui vengono ad ascoltarlo non è
necessariamente legata all’aspetto culturale.
D: La politica occitanista: cosa ne pensi e qual è stato il
rapporto di Lou Dalfin con essa?
Ritorno un po’ a quello che ho detto prima: secondo me molto di ciò
che si fa adesso da un punto di vista politico (io comunque ammetto
di essere ignorantissimo riguardo a questo, abito a Cuneo e non faccio
parte di alcun movimento politico occitanista) penso che se non fosse
stato per l’opera de Lou Dalfin e di Sergio non avrebbe un riscontro
così ampio e la cultura occitana sarebbe conosciuta solo da
una ristretta parte della popolazione.