CAPITOLO 1
L'OCCITANIA
L'Occitania è l'insieme delle terre in cui si parla,
o si parlava, la lingua d'oc e si estende dalle Alpi ai
Pirenei, dal Mediterraneo all'Atlantico, comprendendo territori
dalle caratteristiche più diverse: mari e montagne,
colline e pianure, città e campagne che compongono
il panorama della 'Nazione Proibita' più grande d'Europa
.
Quando Dante tentò di classificare le parlate romanze
(o neo-latine) prese come elemento di riferimento la particella
che nelle varie lingue serviva per l'affermazione. Ottenne
così tre differenti idiomi: la lingua d'oc, la lingua
d'oil (il francese) e la lingua del sì (l'italiano).
La lingua d'oc venne definita così perché
derivava la propria particella affermativa dal latino hoc
est (questo è) come il francese la derivava da illud
est (quello è) e l'italiano da sic est (così
è). Il termine Occitania apparve per la prima volta
nel 1290 per designare l'insieme dei territori in cui si
parlava la lingua d'oc ma cadde presto in disuso e venne
ripreso soltanto all'inizio del XIX secolo da due scrittori
occitani. Tuttavia diventò di uso comune solo a partire
dagli anni Cinquanta del XX secolo .
1.1 LA STORIA
1.1.1 Dalle invasioni celtiche al Medioevo
L'etnia occitanica nasce attorno all'XI secolo e il suo
sostrato è quadruplice: ligure (dalle Alpi al Rodano),
iberico (dal Rodano ai Pirenei), basco (in parte dell'Aquitania)
e poi, un po' dappertutto, celtico. I Celti invadono l'Occitania
due volte (VII-VI sec. e V-IV sec. a.C.) ma non vi saranno
mai egemoni in quanto liguri, iberi e baschi sopravvivono
etnicamente. Tuttavia si creano delle fusioni a livello
tribale che portano alla comparsa dei celto-liguri e dei
celtiberi. I veri colonizzatori linguistici, politici e
culturali sono però i Romani, arrivati nel 123 a.C.
La lingua occitana nasce su una parte di quel vasto territorio
che i Romani chiamano Gallia perché abitato dai Galli
(i Celti). I Romani distinguono tra una Gallia Cisalpina
(corrispondente all'attuale zona padana) e una Gallia Transalpina
(al di là delle Alpi); quest'ultima viene divisa
in quattro parti: Gallia Narbonensis o Gallia romana (da
Nizza ai Pirenei), Gallia Lugdunensis o Celtica, Gallia
Bellica e Aquitania. L'Occitania corrisponde alla Gallia
romana, all'Aquitania e alla parte meridionale della Lugdunensis
e con l'inizio delle invasioni germaniche viene investita
dai Visigoti (V sec. d.C.), mentre la restante parte della
Gallia Transalpina è occupata dai Franchi e dai Burgundi.
I Visigoti sono cristiani ma aderiscono all'eresia ariana;
i Franchi invece si sono convertiti al cattolicesimo ortodosso
e diventano quindi gli alleati naturali della Chiesa di
Roma. Con il pretesto di combattere l'eresia ariana invadono
l'Occitania e sconfiggono dapprima i Visigoti e poi i Burgundi.
Mezzo secolo dopo i musulmani conquistano la penisola iberica
e parte dell'Occitania e il loro dominio si caratterizza
per una grande tolleranza. I Franchi però, portatori
della 'vera' fede, li attaccano e li sconfiggono a Poitiers
nel 732 d.C. e conquistano tutto il territorio occitano.
Nell'843 l'impero franco viene diviso in tre strisce verticali:
la parte occidentale (comprendente l'Aquitania) è
assegnata a Carlo il Calvo, quella centrale (di cui fa parte
la Provenza) a Lotario e quella orientale a Ludovico il
Germanico. Successivi trattati continuano poi a modificare
il territorio imperiale e la parte occidentale diventa ufficialmente
Francia tout court, ad eccezione del feudo d'Aquitania che
mantiene una considerevole indipendenza. All'inizio del
XIII secolo l'Occitania è divisa in tre stati 'indipendenti':
Aquitania, Tolosa e Catalogna-Aragona-Provenza. Una sola
annessione è riuscita alla Francia, quella dell'Alvernia,
ceduta da Riccardo Cuor di Leone al re di Francia nel 1189
in cambio del Quercy (una provincia della Guienna) .
1.1.2 Il Medioevo e la società occitana
Il feudalesimo occitano è caratterizzato dalla
presenza del diritto romano che lo differenzia dalla Francia,
dove invece vige il diritto germanico importato dai Franchi.
In Occitania non esiste la servitù della gleba e
il contadino è libero di contrattare il canone enfiteutico
col proprietario e, in caso di mancato accordo, di andare
a vivere in città. Molte terre poi non sono soggette
alla proprietà feudale: sono i cosiddetti allodi.
Le città conservano libertà e privilegi: godono
del potere dell'autogoverno e talvolta si federano tra loro
in simpolicias (Marsiglia e i centri vicini, Tolosa e le
città limitrofe) e in simaquias (importante quella
costituita da Marsiglia, Arles, Tarascona e Avignone). I
feudatari rispettano i loro poteri e si accontentano di
una sovranità formale. Tra i nobili e il popolo si
formano due ceti intermedi: i menestrels (artigiani e imprenditori)
e i mercadièrs (commercianti) i quali si organizzano
in corporazioni e detengono il potere cittadino.
Le nozioni chiave dell'etica occitana sono la jòi
(la gioia di vivere e la sublimazione erotica), il paratge
(l'uguaglianza di tutti i componenti di un gruppo sociale)
e la mercés (la tolleranza). L'apertura culturale,
l'originalità, la tolleranza di questa comunità,
unitamente alla mancanza di contatti con le università
cattoliche del nord, permetteranno il diffondersi dell'eresia
catara .
1.1.3 La crociata contro gli albigesi
La fede catara è rigidamente manichea: vi sono
due principi coesistenti e antagonisti, il Bene e il Male.
Il Male è la materia, la carne, mentre il Bene è
lo spirito. Soltanto distaccandosi dalla vita materiale
(astenendosi, ad esempio, dai peccati della carne) l'uomo
può salvare la propria anima liberandola dalla catena
delle reincarnazioni che la tiene legata al mondo. L'unico
sacramento previsto è il consolamentum, un battesimo
spirituale a cui ci si sottopone in età adulta e
che obbliga a castità e povertà. Molti nobili
occitani aderiscono a questo credo.
I catari vengono anche chiamati albigesi perché molto
numerosi nel territorio di Albi. Con la loro fede e la loro
estrema coerenza rappresentano un pericolo per la chiesa
ufficiale, corrotta e lassista, che decide così di
indire le crociate contro questa eresia. La più importante
è quella del 1209 in cui i crociati prendono Béziers
e gli abitanti, riuniti nella cattedrale, vengono bruciati
vivi senza distinzione di fede, di sesso o di età.
Gli occitani reagiscono e, tramite alleanze con i catalani
prima, e con gli inglesi poi, cercano di sconfiggere l'esercito
francese. Tuttavia, nel 1244 cade l'ultima roccaforte catara,
il castello di Montsegur. Questo episodio segna la fine
della crociata contro gli albigesi e l'inizio del lungo
declino delle terre 'd'oc' .
1.1.4 La Francia e i Savoia
Tra il XIII e il XV secolo, per mezzo di matrimoni o di
conquiste militari tutte le terre occitane passano sotto
la corona francese ad eccezione del Béarn, che resterà
indipendente fino al 1589, e di due regioni: la contea di
Venasca (a cui viene aggiunta Avignone) e la Contea di Nizza,
che verranno annesse alla Francia rispettivamente solo alla
fine del XVIII secolo e nel 1860. Per quanto riguarda la
situazione dell'Occitania cisalpina, la Val di Susa, la
Val Chisone e l'alta Val Varaita, insieme alle valli di
Briançon e del Queyras, formano la repubblica autonoma
alpina degli escartons (comuni). Nel 1713 vengono però
cedute ai Savoia. Appartennero invece sempre allo Stato
sabaudo le valli Dora, Germanasca, Pellice, Po e la bassa
Varaita. Le valli meridionali, fino al colle di Tenda, dipendono
dal Marchesato di Saluzzo e passano ai Savoia soltanto nel
1601, ad eccezione della Val Maira che rimane una repubblichetta
alpina indipendente fino al 1610. La contea di Tenda passa
ai Savoia agli inizi del XVI secolo. Una piccola parte di
questi territori (fra cui i comuni di Briga e Tenda) viene
ceduta alla Francia alla fine della seconda guerra mondiale.
Gli altri territori dell'Occitania italiana, e con loro
la valle pirenaica di Aran, si possono considerare scampati
per sempre all'annessione francese .
1.1.5 I valdesi
Nel 1170 Pietro Valdo, un mercante di Lione, dona tutti
i suoi averi ai poveri e si mette a predicare la povertà
evangelica. I suoi seguaci vengono chiamati valdesi o poveri
di Lione. Essi, nonostante provengano dall'area linguistica
franco-provenzale, traducono i testi evangelici in occitano
e fanno proseliti soprattutto in Occitania. Durante la crociata
del 1209 sono costretti a rifugiarsi nelle zone montagnose
della Provenza, del Delfinato e nelle valli cisalpine oggi
italiane. A metà circa del XVI secolo il parlamento
di Provenza decide di distruggere le città valdesi:
molti abitanti vengono uccisi, altri riescono a fuggire.
Nel 1685, con la revoca dell'editto di Nantes, l'organizzazione
valdese in Francia viene completamente sradicata e nel territorio
italiano Carlo Emanuele II di Savoia emana un proprio editto
secondo il quale i valdesi avrebbero dovuto interrompere
il loro culto e scegliere fra l'abiura o l'esilio. I valdesi
scelgono la resistenza e così le valli Pellice e
Germanasca vengono invase da un esercito misto franco-sabaudo
e devastate. Grazie ad un accordo, i prigionieri riescono
a emigrare in Svizzera ma nel 1689 decidono di tornare nelle
loro valli da cui non verranno mai più scacciati
perché il duca di Savoia si è nel frattempo
alleato con l'Inghilterra, l'Olanda, l'Austria e la Germania
contro Luigi XIV di Francia. Tuttavia i valdesi sono ancora
perseguitati fino al 1848, quando viene promulgato nei loro
confronti l' ''Atto di Emancipazione'' .
1.1.6 Gli ugonotti
Con l'editto di Nantes l'Occitania diventa un rifugio
legale per gli ugonotti. Molti territori d'oc diventano
protestanti (ugonotti) e il regno di Navarra assume addirittura
questa fede quale religione di Stato. Ma la revoca dell'editto
di Nantes (1685) segna l'inizio delle persecuzioni contro
i protestanti: interi paesi vengono distrutti e i loro abitanti
sono costretti a fuggire o a convertirsi. Tuttavia nelle
Cevenne, una regione dell'entroterra linguadociano, si forma
un vasto movimento di resistenza a base popolare e contadina,
i camisards, che si organizzano in bande e impegnano con
una vigorosa guerriglia le truppe francesi. I loro capi
sono Joan Cavalier, un garzone fornaio, e Gedeon Laporta,
un artigiano. I camisards vengono eliminati solo nel 1710
dopo una repressione spietata che miete moltissime vittime;
la loro rivolta è l'ultima ribellione di massa occitana
.
1.1.7 La Rivoluzione francese
Gli avvenimenti del 1789 scatenano l'entusiasmo degli
occitani: il vecchio ideale di libertà e di progresso
sembra a un passo dalla sua realizzazione. L'Occitania svolge
un ruolo importante attraverso l'opera dei suoi rappresentanti
(appartenenti al Terzo Stato) all'Assemblea Nazionale: Mirabeau,
Sieyès, La Fayette. Il colpo di Stato del marzo 1793
che porta Robespierre al potere, provoca in Occitania la
sollevazione girondina. I giacobini mandano subito un corpo
di spedizione e i girondini sono battuti a Pont-St.Esprit.
Nel luglio 1794 un altro colpo di Stato, questa volta repubblicano
di destra, porta alla caduta di Robespierre. Il Direttorio
si installa a Parigi nel 1795 sancendo la vittoria della
destra giacobina. La rivoluzione è, così,
borghese, come la volevano i girondini, ma anche "francese":
la Francia non sarà una federazione di regioni ma
una repubblica 'indivisibile'. A partire da questo momento
Parigi intensifica sempre più la colonizzazione mentale,
linguistica ed economica dell'Occitania e il popolo occitano
comincia man mano a ragionare in termini 'francesi' .
1.1.8 Il XIX secolo
Nel XIX secolo in Francia e in tutta Europa nasce un curioso
fenomeno intellettuale e di costume che va sotto il nome
di mode troubadour. Tutta una serie di storici francesi,
da Augustin Thierry a Guizot, parlano della civiltà
d'oc e imputano la sua distruzione alla crociata contro
gli albigesi. Questi storici vengono però contrastati
da Michelet il quale non nega la diversità di popoli
all'interno della Francia ma ne decreta la fusione avvenuta
per merito dello Stato: non più occitani, bretoni,
corsi ma soltanto francesi. Lo slancio 'occitanista' viene
così confinato negli ambienti intellettuali piccolo-borghesi
di destra, clericali, monarchici e ruralisti dai quali nasce
un movimento di poeti e intellettuali, il Felibrige. Il
felibrismo si impianta anche nei paesi catalani di Spagna
e nel 1867 i poeti catalani donano ai felibri occitani la
famosa Coppa Santa, simbolo di amore e di unità.
Tuttavia ben presto i catalani sviluppano la teoria di una
loro nazionalità specifica, creano strutture politiche
e istituzionali per la sua affermazione e mettono in discussione
l'esistenza dello stato spagnolo. Gli occitani invece insistono
nella loro visione soprattutto letteraria e si accontentano
di considerare la Francia come "grande patria"
in cui sistemare onorevolmente ma senza contestazioni radicali
la loro "piccola patria". Così, in un periodo
che vede la nascita dei nazionalismi politici presso tutte
le minoranze europee, gli occitani non sono in grado di
portare avanti le proprie rivendicazioni .
1.1.9 Il Partit Provençal e la situazione nel
dopoguerra
Nel 1935 avviene un tentativo di rilancio dell'idea di
un federalismo francese ed europeo nel quale poter creare
uno spazio per la nazione occitana. Il tentativo è
opera di due poeti, Reboul e Camproux, i quali costituiscono
un Partit Provençal (Partito Provenzale) dissoltosi
nel 1940 a causa dell'inizio della seconda guerra mondiale.
A questo partito è legata una rivista politica e
culturale, "Occitania", che fa da tramite fra
la Provenza e il resto del territorio d'oc e segna il passaggio
dalla coscienza regionale (provenzale, linguadociana, guascone,
ecc.) a quella nazionale (occitana). Durante la seconda
guerra mondiale la Resistenza meridionale, che pure combatte
nel nome della Francia, è pervasa da un certo clima
occitanista. Tuttavia un vero e proprio movimento politico
"nazionalista" nasce in Occitania soltanto nel
dopoguerra. Si tratta di un movimento variegato che propone
soluzioni diverse al problema del riconoscimento e della
rappresentanza del popolo d'oc, soluzioni che comunque riguardano
l'ambito istituzionale. Tra il 1947 e il 1962 i nazionalismi
delle ex colonie francesi (malgascio, vietnamita, algerino)
avevano vinto e le loro ragioni erano state ufficialmente
riconosciute da Parigi. La loro vittoria, unita ad una situazione
di disagio economico e di vero e proprio sfruttamento coloniale
cui l'Occitania era sottoposta dallo Stato francese, fornisce
valide ragioni a tutti gli occitani per rivendicare l'indipendenza
dalla Francia .
1.1.10 Il dopoguerra
Nel 1959 un guascone, François Fontan, fonda il
Partit Nacionalista Occitan (PNO) che reclama senza mezzi
termini l'indipendenza politica dell'Occitania . Questo
partito rimane un gruppo di opinione di dimensioni modeste
ma è importante in quanto per la prima volta nella
sua storia l'Occitania chiede la secessione dalla Francia;
tuttavia la maggioranza degli occitanisti decide di seguire
la strada tradizionale dell'azione nell'ambito delle istituzioni
vigenti: ottenere l'autonomia dell'Occitania nel contesto
dello Stato francese. Due anni dopo la nascita del PNO,
nel 1961, avvengono i fatti di Decazeville: i minatori occitani
si ribellano allo Stato e, contemporaneamente, anche ai
sindacati e ai partiti politici della sinistra francese
che avevano fino ad allora sostenuti con il loro voto. La
rivolta esalta gli occitanisti dell'IEO (l'Institut d'Estudis
Occitans, costituito appena dopo la fine della seconda guerra
mondiale) e li sprona a organizzarsi anche ad un livello
politico concreto. Nasce così, nel 1962, il COEA
(Comitat Occitan d'Estudis e d'Accion) guidato dallo scrittore
Robèrt Lafont. Il COEA è tra i fondatori della
Convenzione delle Istituzioni Repubblicane, il movimento
di opposizione al gaullismo della sinistra moderata francese
guidato da Mitterrand. In seguito il COEA abbandona il fronte
antigaullista moderato e si avvicina al PSU. Nel 1971 si
svolge la sua ultima assemblea generale: i suoi dirigenti
vengono posti in minoranza dall'opposizione interna di sinistra
e perdono le loro cariche. Il COEA viene disciolto e, al
suo posto, la maggioranza congressuale fonda il nuovo movimento
di Lucha Occitana (LO, Lotta Occitana). Dobbiamo ricordare
che il COEA ha svolto, durante i suoi nove anni di vita,
un'azione preziosa: ha denunciato la condizione occitana,
ne ha studiato le cause, ha proposto rimedi, ha mobilitato
l'opinione pubblica e ha negoziato perfino alcune intese
elettorali. Sempre durante questo periodo (fine anni Sessanta-inizio
anni Settanta) nascono altri partiti politici occitani dal
seguito minuscolo e dalla vita effimera come il Partit Socialista
Occitan (PSO, Partito Socialista Occitano), fondato nel
1967, e la Federacion Anarquista Comunista d'Occitània
(FACO, Federazione Anarchica Comunista d'Occitania), nata
nel 1969. Vanno ricordati anche i Comitats d'Accion Occitana
(CAO, Comitati d'Azione Occitana), gruppi spontanei di "propaganda
e di azione psicologica" che non hanno una linea politica
precisa ma vogliono inserirsi il più attivamente
possibile nella vita pubblica e nel tessuto sociale occitani.
Dobbiamo infine menzionare un raggruppamento che proviene
dall'estrema destra ma che, a un certo momento, punta tutto
sull'occitanismo adottando il nome di Pòble d'Oc
(Popolo d'Oc) e un gruppo di giovani occitanisti raccolti
intorno alla rivista "Occitània Nòva"
.
Nell'Occitania italiana opera in quegli anni il Moviment
Autonomista Occitan (MAO, Movimento Autonomista Occitano)
fondato nel 1968 da François Fontan, il leader del
PNO esiliato in Italia. Attorno a Fontan si crea una scuola
di pensiero politico e di azione militante, si incomincia
a diffondere la parola 'Occitania', vecchia di secoli ma
totalmente sconosciuta al popolo delle Valli. Nasce così
una coscienza occitana. Nell'Occitania francese, intanto,
nel 1973 avvengono i fatti di Larzac: l'esproprio e l'allontanamento
dai propri pascoli di un centinaio di pastori per esigenze
militari. Accade così che ben 50.000 occitani si
riuniscono per protestare, cantando canzoni in lingua d'oc
e sventolando le bandiere rosse con la croce d'oro di Tolosa.
Nel 1976 c'è un'altra grande manifestazione di massa
in cui lo slogan più gridato è 'Volèm
viure al pais' (Vogliamo vivere nel nostro paese): l'emigrazione
dei giovani alla ricerca di migliori condizioni di vita
continua infatti a vuotare l'Occitania. Nasce così
un nuovo movimento occitanista che prende il nome di Volèm
viure al pais (VVP). Raccoglie molti consensi ma è
vittima di una totale anarchia organizzativa. Nel 1978 la
sinistra francese si riorganizza e nasce il nuovo Partito
Socialista (PS) che affida la propria leadership a Mitterrand.
Gli occitanisti più "moderati" sono da
tempo in contatto con alcuni esponenti di spicco di questo
partito. Quando nel 1981 Mitterrand vince le elezioni e
diventa presidente della repubblica, i suoi entusiasmi nei
confronti delle minoranze appaiono però raffreddati.
Arrivato al potere ritiene di dover pensare soprattutto
alla grande Francia di ieri e di sempre. L'unico partito
occitano che sopravvive a questo momento critico è
il PNO, nonostante la morte del suo leader Fontan avvenuta
nel 1979. Tutti gli altri movimenti cessano di esistere.
Nel 1983 viene fondato il Partit Occitan (PO) che cerca
di raccogliere l'eredità dell'occitanismo politico
non indipendentista e sorge anche un movimento chiamato
CROC (Morso, ma è anche la sigla di Centre Revolucionari
Occitan) .
1.1.11 La situazione attuale
Con l'ingresso dello Stato spagnolo nell'Unione Europea
i tradizionali rapporti catalano-occitani trovano un nuovo
e fertile terreno. Viene attivata una "euroregione"
che scavalca i confini statali e comprende la Catalogna,
il Midi-Pyrenées, la Linguadoca-Rossiglione e si
occupa principalmente di economia e di comunicazioni. In
questo modo viene ricostruita una ipotesi concreta di Grande
Occitania. Nell'Occitania italiana dal 1992 il MAO ha tirato
i remi in barca: da allora nessuna partecipazione elettorale;
i suoi quadri sono però attivi sul fronte culturale
e il mensile del partito, "Ousitanio vivo", continua
a uscire e aumenta il numero di lettori. Viene percorsa,
anche qui, la via attraverso le istituzioni: i comuni, le
comunità montane, la regione, l'Unione Europea. Vi
sono rapporti istituzionali anche con le regioni occitane
al di là delle Alpi attraverso intese, protocolli
di collaborazione e partecipazione a progetti di partenariato
europeo .
Il 15 dicembre 1999 il Governo italiano approva la legge
482 "Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche
storiche" che prevede la valorizzazione delle lingue
e delle culture minoritarie presenti in Italia tra le quali
compare anche quella occitana. Questa legge prevede l'insegnamento
delle lingue minoritarie nelle scuole, un appoggio all'associazionismo
culturale e la creazione, da parte di regioni e province,
di appositi istituti di studio e tutela di queste lingue
.
Nel 1999 nasce Espaci Occitan, un'Associazione di Enti pubblici
del territorio occitano italiano che ha il compito di promuovere
l'identità culturale della popolazione delle valli
occitane d'Italia e quindi di concorrere all'attuazione
delle disposizioni previste dalla legge 482 .
Nel novembre 2002 un gruppo di persone che vive nelle vallate
occitane d'Italia e che lavora in diversi settori della
società (servizi, cultura, amministrazione, economia,
scuola, ecc.) decide di costituire PARATGE, un laboratorio
politico. L'intenzione principale è di ricominciare
a fare politica. Quando, a partire dagli anni Novanta, nelle
vallate hanno cominciato a farsi sempre più vivi
l'interesse, la voglia, la curiosità e la coscienza
di tutto quello che riguarda l'oc, l'occitanismo tradizionale
non ha saputo dare delle risposte e dei segnali propositivi.
Esiste un vuoto di dibattiti, di azione politica, di progetto:
PARATGE nasce per colmare questo vuoto, con la convinzione
che le forze che possono permettere alle vallate occitane
di vivere si trovano all'interno del loro territorio e sono
il lavoro, la cultura e la storia della gente occitana .
1.2
LA LINGUA E LA LETTERATURA
Dal punto di vista diacronico la lingua d'oc presenta
tre fasi: antico occitano, dalle origini al XIV secolo (è
la lingua trovadorica per eccellenza); occitano medio, dal
XIV al XIX secolo (decadenza della lingua, introduzione
del francese e frantumazione dialettale accentuata); occitano
moderno, dal felibrismo a oggi (segnato da due tentativi
di normalizzazione e di rilancio). I primi documenti in
lingua d'oc conosciuti sono un frammento di un poema su
Boezio e una "Canzone di Santa Fede di Agen",
entrambi della fine del X secolo. A tutt'oggi la popolazione
dell'Occitania è di circa 12.000.000 di abitanti
di cui il 10% parla la lingua d'oc .
1.2.1 Il periodo trovadorico
Nell'XI secolo con Guglielmo IX di Poitiers comincia la
grande stagione trovadorica e l'importante periodo della
lingua e della letteratura occitane. L'occitano diventa
l'idioma colto di tutta l'Europa meridionale ed è
quindi il primo modello di lingua volgare 'universale'.
Si dice che Dante stesso fu incerto se scrivere la Commedia
in italiano oppure in lingua d'oc .
I trovatori erano poeti e musicisti al tempo stesso; il
loro nome deriva probabilmente dal latino 'tropare', comporre
dei 'tropi': il tropus era la forma melodica di un canto
ornato. La poesia trovadorica esalta il privilegio della
jovènt, la gioventù, contro la tradizione
che attribuiva ai vecchi ogni saggezza, e della jòi,
la gioia, contro la contrizione e il dolore cristiani. Compie
poi la riabilitazione morale della donna, contro la sua
reputazione di essere peccaminoso, ed infine riscatta l'adulterio,
regolandolo e sublimandolo attraverso la fin'amor. All'interno
della tecnica letteraria dei trovatori si distinguono tre
modi: il trobar lèu ("trovare" lieve o
aperto), il trobar clus ("trovare" chiuso) e il
trobar ric ("trovare" ricco). A questi possiamo
aggiungere un quarto stile che si potrebbe definire di protesta:
i suoi maggiori esponenti sono Pèire Cardenal, che
denuncia l'invasione francese della Linguadoca al momento
della crociata contro gli albigesi, e Bonifàci de
Castelana, che denuncia invece la cupidigia e la brutalità
dei francesi quand'essi si annettono la Provenza. I trovatori
di protesta sono molto importanti perché rappresentano
la coscienza nazionale occitana e la loro opera è
un interessante esempio di poesia politica. A tutt'oggi
sono stati identificati 460 trovatori provenienti da diverse
regioni (Guascogna, Provenza, Alvernia, Linguadoca, Poitou,
Limosino) e di differente "estrazione sociale":
un imperatore, Federico Barbarossa, un papa, Clemente IV,
poi re tra i quali Riccardo Cuor di Leone, marchesi, vescovi,
monaci, borghesi, giullari .
1.2.2 Il declino della lingua d'oc
La crociata contro gli albigesi distrugge le maggiori
corti occitane e introduce il francese come lingua di occupazione;
i trovatori lasciano le corti e si rifugiano oltre le Alpi
e i Pirenei. Nel XIII secolo si interrompe così l'uso
letterario della lingua d'oc. Nel 1323 a Tolosa viene fondato
il Consistori del Gai Saber (Concistoro della Gaia Scienza)
nel disperato tentativo di un rilancio linguistico e viene
indetto il concorso letterario dei Jòcs Florals,
riservato ai poeti d'oc ma, nonostante tutto questo, il
lessico e l'ortografia occitani si smarriscono. Ai primi
del XVI secolo il Consistori diventa il Collège de
Rhétorique e ai suoi Jeux Floraux si ammettono solo
poesie in francese. Per quanto riguarda l'uso amministrativo
e giuridico dell'occitano, la sua scomparsa è invece
assai più lenta .
1.2.3 La prima rinascita letteraria e il XVII secolo
Nel 1539 l'editto di Villers-Cotterets impone ufficialmente
su tutte le terre occitane in mano francese l'uso pubblico
della lingua di Parigi. Sfuggono a questa sorte, per una
serie di circostanze fortunate, la regione di Saint-Pons
in Linguadoca e le zone intorno a Grasse e a Vence, in Provenza,
dove l'occitano scritto sopravvive fino agli inizi del XVII
secolo. Una sorte particolare è riservata invece
a una parte della Guascogna, inserita nel regno di Navarra:
la lingua ufficiale di questo regno indipendente è
infatti l'occitano. Proprio in Guascogna, nel 1565, comincia
il primo tentativo di rinascita letteraria, con la traduzione
dei 'Salmi' eseguita da Pèir de Garròs (Pey
de Garros), seguito da un parallelo movimento in Provenza:
viene infatti pubblicato nel 1575 un libro intitolato Vite
dei più celebri e antichi poeti provenzali, scritto
da Joan de Nòstradama (Jean de Nostredame). Si tratta
di un'opera di invenzione e di un falso storiografico ma
serve a rilanciare il ricordo mitico del passato trovadorico
e molti poeti riprendono a scrivere in lingua d'oc. Nel
1589 Enrico III di Navarra diventa Enrico IV re di Francia
e nasce così il regno di "Francia e di Navarra".
Il francese diventa lingua ufficiale anche della parte navarrese
del regno soppiantando l'occitano.
Nel XVII secolo la letteratura d'oc vive un momento d'ombra
e di stasi. Ricordiamo di questo periodo i Natali provenzali
di Nicolau Saboli (Nicolas Saboly) e le opere comiche del
"Teatro di Béziers" .
1.2.4 La politica accentratrice dello Stato francese
Dopo la rivoluzione del 1789, la politica accentratrice
dello Stato francese si riflette anche a livello linguistico
tramite provvedimenti tesi a fare del francese l'unica lingua
nazionale. Le basi per vincere la guerra linguistica vengono
gettate con due provvedimenti del ministro Jules Ferry il
quale, nel 1861, istituisce la scuola dell'obbligo per tutti
i cittadini (con il francese come unica lingua di insegnamento)
e, nel 1864, statalizza tutte le scuole primarie . In Occitania,
come anche in Bretagna, si sviluppa un odioso sistema di
polizia linguistica: se un bambino viene sorpreso dal maestro
mentre parla nella propria lingua materna, è costretto
a portare appeso al collo un soldo marcato, il signal, che
lo espone al ludibrio dei compagni e della autorità
scolastiche e di cui può liberarsi solo denunciando
un compagno reo di parlare a sua volta occitano. Alla fine
delle lezioni lo scolaro "segnalato" viene punito.
L'uso del segnale dura fino alla seconda guerra mondiale
.
1.2.5 La mode troubadour e il felibrismo
Nel XIX secolo avviene anche la seconda rinascita letteraria
d'oc. E' proprio la rivoluzione francese, con la sua smania
linguistica livellatrice, a risvegliare la resistenza occitana.
Nasce la mode troubadour, si fanno molte indagini sull'arte
e la lingua dei trovatori i cui testi vengono scovati e
pubblicati. Ad opera di alcuni studiosi viene affermata
una verità incontrovertibile: l'occitano non è
un dialetto del francese ma una lingua distinta, con la
sua storia, che ha avuto con i trovatori il suo grande periodo
letterario. E' in questo orizzonte che, nel 1854, all'interno
della piccola borghesia legittimista, cattolica e monarchica,
nasce il Felibrige, un movimento di poeti e letterati che
scrivono in lingua d'oc. Importante l'opera di due scrittori
di genio: Frédéric Mistral, autore di Mirèio
e di altri poemi ugualmente memorabili, che vince addirittura
il Premio Nobel per la letteratura nel 1904, e Théodor
Aubanel, un lirico di eccezionale qualità.
I felibristi parlano di Provenza e non di Occitania: per
loro la pianura tra Arles e Avignone è il cuore vivo
di una Provenza che costituisce a sua volta il centro di
quella Grande Provenza che si spinge fino alla Catalogna.
La grafia dei felibristi si adatta al dialetto del Basso
Rodano di cui è una trascrizione fonetica ed è
pertanto inadatta a notare tutte le altre varianti della
lingua d'oc. Questo provenzalismo linguistico e l'ideologia
clerico-monarchica del felibrismo suscitano alcuni movimenti
di opposizione. Uno di questi, sviluppatosi addirittura
al suo interno, è il felibrismo rosso dal quale nascono
nuove proposte ortografiche che contestano la scelta dei
rodaniani. Il limosino Josèp Ros (Joseph Roux) conia
una nuova grafia, ispirata a quella dei trovatori, che viene
perfezionata da due linguadociani e in seguito ancora migliorata
da Lois Alibert.
Dobbiamo ora dare uno sguardo alla situazione della Catalogna.
Approfittando di una riforma amministrativa, alcune province
catalane costituiscono una regione con qualche potere di
autonomia, la Mancomunitat de Catalunya (1911). Questa istituzione
fonda l'Institut de Estudis Catalans il quale elabora un
progetto unitario di lingua catalana moderna (1913) che
ne supera la frantumazione dialettale. Nel 1932 viene accettato
questo catalano standard che da allora è usato in
tutti i paesi di lingua catalana. Alibert si ispira a questo
progetto e le norme ortografiche, grammaticali e il vocabolario
da lui stabiliti vengono divulgati dalla Societat d'Estudis
Occitans (SEO, Società di Studi Occitani), fondata
nel 1936 a Tolosa. La SEO privilegia, invece del provenzale
rodaniano, il linguadociano centrale che presenta due vantaggi:
è rimasto più vicino all'antica lingua dei
trovatori ed è equidistante fra i vari dialetti occitani.
L'ortografia alibertina, detta "occitana", presenta
anch'essa due vantaggi: è "nazionale" nel
senso che si rifà a quella trovadorica rifiutando
ogni mediazione del francese (è dunque etimologica
e non fonetica) e lascia un largo margine alle singole pronunce
dialettali. Nonostante l'imponente lavoro degli occitanisti
però, nessun provvedimento a favore del riconoscimento
pubblico della lingua d'oc viene preso dal governo di Parigi.
Negli anni Trenta del XX secolo comincia anche quella che
può essere chiamata la terza rinascita letteraria
occitana i cui principali esponenti sono Max Roqueta (Max
Roquette), Renat Nelli (René Nelli), Jòrgi
Rebol (Georges Reboul), Carles Campròs (Charles Camproux)
e Leon Cordas (Léon Cordes): tutti i cinque poeti
adottano la grafia alibertina .
1.2.6 Il dopoguerra
Una nuova coscienza occitana si è formata nella
Resistenza. Nel 1945 viene fondato l'Institut d'Estudis
Occitans (IEO) che prende il posto della SEO e si articola
in due direzioni: una a Tolosa e una a Marsiglia. L' IEO
costituisce la struttura portante della rinascita occitana
fornendo gli strumenti di studio e di analisi della realtà
del paese, fungendo da editore e da diffusore della nuova
letteratura d'oc, di grammatiche, dizionari e corsi di lingua.
Nel 1951 un socialista occitano, l'onorevole Deixonne, riesce
a fare approvare dall'Assemblea Nazionale francese la legge
sull'insegnamento delle "lingue regionali" che
porta il suo nome. Viene così riconosciuta implicitamente
per la prima volta l'esistenza sul territorio statale di
lingue diverse dal francese. L'applicazione di questa legge
permette l'introduzione dell'occitano alla stessa stregua
delle lingue straniere previste nel programma di studio
della scuola media. Per quanto riguarda la scuola materna
e la scuola elementare, nel 1972 nascono le "calandretas"
(calandrine: la calandra è un'allodola), una rete
di scuole private fondata dagli occitanisti nelle quali
l'insegnamento è paritariamente bilingue (occitano
e francese) oppure soltanto occitano. Le "calandretas"
sono riconosciute dallo Stato e trattate come le "scuole
libere": sono cioè ammesse ad alcuni finanziamenti
pubblici e il personale è a carico dello Stato. A
tutt'oggi sono più di cento, sparse per tutta l'Occitania
francese, e raccolgono alcune migliaia di ragazzi.
Per quanto riguarda la poesia occitana del dopoguerra, l'autore
più interessante è Robèrt Lafont che
è anche il massimo esponente dell'occitanismo militante.
Ives Roqueta (Yves Roquette) e Joan Larzac (Jean Roquette)
sono i capiscuola della poesia da combattimento, una poesia
rivoluzionaria, di grande ed efficace violenza espressiva.
A proposito della narrativa, vanno ricordati tre autori:
ancora Robèrt Lafont, Joan Bodon (Jean Boudou) e
Pèire Pessamessa (Pierre Pessemesse) .
1.2.7 L'attività editoriale, teatrale e cinematografica
in lingua d'oc
Intensa è l'attività di pubblicazione di
libri e di riviste in lingua d'oc: "Oc", "Occitania",
"Viure", numerosi periodici e riviste locali,
"La Revista Occitana", "La Setmana",
"Occitans", "Lo Gai Saber", "Reclams
de Bearn e de Gasconha", "Lo Cebier", "Acò
d'Aquì" e numerose altre. Ricordiamo poi la
casa editrice Lo Libre Occitan che ha operato dal 1965 al
1969 e quelle più recenti di 4 Vertats e Cap e Cap.
Va citata anche l'attività degli editori Privat di
Tolosa, Garnier di Nimes, delle edizioni linguadociane Jorn
e di quelle guasconi Princi Negre. Molti quotidiani locali
pubblicano rubriche in lingua d'oc: "La Depèche",
"Midi-Libre", "La Marseillaise", "Dauphiné
Libéré" e qualche altro.
Nel 1970 viene prodotto il primo documentario cinematografico
con commento in occitano e al Festival Musicale di Aix-en-Provence
del 1971 viene eseguita la prima opera lirica occitana,
Beatris de Planissolas di J. Charpentier, su libretto del
poeta Renat Nelli.
Interessante negli anni Settanta l'attività del gruppo
"Teatre de la Carrièra" (Teatro della Strada)
che porta sulle piazze dei villaggi e delle città
occitane, e anche a Parigi, uno spettacolo di denuncia in
lingua d'oc. Altri gruppi teatrali sono "Rescontre"
di Tolone, il "Centre dramatic occitan de Provença"
e il prestigioso "Teatre dels Carmes", diretto
da Andrieu Benedetto, l'organizzatore del Festival di Avignone.
Oggi opera a Montpellièr, come teatro stabile in
lingua occitana, il "Teatre de la Rampa". Da segnalare
anche l'attività, oggi purtroppo ridotta, dei molti
cantanti di protesta, autori di testi letterari e musicali
di buon livello, molti dei quali impressi anche su disco.
In campo felibrista ricordiamo il "Groupamen d'estudis
prouvençau", l'"Union Prouvençalo",
il "Mouvamen Parleren", l'attività della
casa editrice "Aubanel" di Avignone, alcune riviste
e l'"Armana Prouvençau" .
1.2.8 L'Occitania italiana
Nel 1961 Gaetano di Salis, un poeta del Cuneese che scrive
in 'provenzale', fonda l'"Escolo dou Po" (la scuola
del Po), un sodalizio di ventisette persone che aderisce
al Felibrige ufficiale. Di Salis infatti negli anni Venti
si era fatto felibro ed era stato salutato, di là
dalle Alpi, come 'lou fraire d'Italio' (il fratello d'Italia).
Memore di questa esperienza decide di organizzare il primo
degli incontri annuali Piemonte-Provenza con l'intento di
riunire gli scrittori 'provenzali' dei due versanti alpini
e nasce così l'"Escolo dou Po". Sempre
nel 1961 comincia a operare in Val Grana il "Centre
de Coumboscuro" che svolge tuttora una certa attività
pedagogica e divulgativa attraverso la stampa di un mensile,
qualche convegno, corsi di insegnamento, concerti di musica
popolare, una modesta attività filodrammatica, pellegrinaggi
ai santuari locali, pubblicazione di testi e di dischi.
Coumboscuro rifiuta il termine Occitania optando per quello
di Provenza, è fedele alla grafia dell'Escolo dou
Po e opera attraverso un "Coumitat d'Aparamen de la
Prouvenço d'Italio".
Per quanto riguarda l'editoria ricordiamo le riviste "La
Valado" che esce dal 1972, "Novel Temp" attiva
dal 1975 e continua "Lo Soulestrelh" nato nel
1972, "Valados Ousitanos" e "Ousitanio vivo",
un mensile bilingue che esce ininterrottamente dal 1974
e si occupa di politica, di attualità e di cultura.
Attorno a questo giornale nasce nel 1986 l'associazione
culturale che porta il suo stesso nome e che cura l'edizione
di libri, audiocassette, opuscoli e materiale vario riguardante
la cultura d'oc. Va anche menzionato, per quanto riguarda
la produzione cinematografica, il lungometraggio di Fredo
Valla, Valades ousitanes, del 1997, parlato in lingua d'oc,
che ha riscosso premi internazionali e un lusinghiero successo.
Anche l'Occitania italiana ha poi un gruppo di poeti di
talento fra i quali spiccano Tòni Baudrié
(Antonio Bodrero), Sergio Arneodo, Sergio Ottonelli, Tavi
Cosio (Ottavio Cossio), Franc Bronzat, Claudio Salvagno,
Pèire Raina, Masino Anghilante. Nel 1989 le edizioni
Ousitanio vivo pubblicano il primo romanzo scritto da un
occitano d'Italia, Joan Bernard, in lingua d'oc e intitolato
Esteve (Stefano) .
1.2.9 La Valle d'Aran
Nella Valle d'Aran l'aranese, che è una variante
del guascone, gode per legge dell'ortografia alibertina
stabilita dall'IEO e il suo uso, paritetico con quello del
catalano e del castigliano, si sta estendendo nelle scuole,
negli uffici, nelle istituzioni e nei media. Esistono riviste,
libri e dépliants in aranese. Dal marzo 1998 il quotidiano
in lingua catalana di Barcellona "Avui" (Oggi)
pubblica un inserto settimanale di dodici pagine ("Aué")
in aranese .