CAPITOLO 2

LA MUSICA OCCITANA

2.1 La rinascita della musica occitana

La rinascita della musica occitana inizia di pari passo con il risveglio culturale e politico dell'Occitania francese degli anni Settanta. E' questo il periodo del folk revival che prende il via dall'America e si diffonde in Inghilterra, in Germania, in Francia e anche in Occitania. Qui il fenomeno presenta due aspetti distinti: quello dei cantaires e quello dei folk propriamente detto. I cantaires sono dei cantautori che si esprimono in lingua d'oc, sono folk-singer, eredi di Bob Dylan, Joan Baez, Woody Guthrie. Il primo e il più importante di tutti è Claude Marti di Carcassonne, seguito da Patric nel Languedoc, Mauris a Nizza, Frederic nella Provenza rodaniana, Mans de Breish a Carcassonne, Martina e Rosina De Peira nel tolosano, i Nadau, gruppo proveniente dal Béarn, in Guascogna. Le loro canzoni hanno forti contenuti politici, autonomisti e occitanisti, basti pensare che Marti nei suoi dischi mette i volantini delle manifestazioni di 'Volem Viure al Pais', il movimento occitanista che si diffonde nel Languedoc nella seconda metà degli anni Settanta. Connotazione politica analoga a quella dei folk-singer americani o inglesi, erede del '68.
Il secondo aspetto, quello del folk propriamente detto, vede la nascita dei primi gruppi di musica tradizionale, legati in modo particolare alla riscoperta degli strumenti, delle danze, del patrimonio folklorico locale e che non hanno una caratterizzazione politica occitanista forte come quella dei cantaires. Citiamo i Perlimpinpin Folk in Guascogna, i Bacias e i Mont-Jòia in Provenza, i Sauvaterra nella zona del Mont-Lozère, i Freta-Monilh di Tolosa che poi diventano i Trencavel. In seguito, lentamente, il fenomeno dei cantaires si estingue. I Nadau (nati come gruppo cantautoriale) si legano successivamente alla tradizione e all'humus della cultura locale e sopravvivono fino ai giorni nostri con un grosso successo di pubblico.
A Tolosa opera fin dal 1972 il Conservatorio Occitano delle Arti e Tradizioni Popolari. Nasce originariamente come una sorta di laboratorio folkloristico ufficiale, coadiuvato dal Ballet Occitan, un gruppo folkloristico con una sua notevole dignità dal punto di vista delle coreografie e molto ben organizzato per quanto riguarda la spettacolarità: diventa poi un vero e proprio laboratorio per la ricostruzione degli strumenti tradizionali come la cornamusa landese, la boudego, i vari tipi di graile ecc.
Grazie alla rinascita musicale sopraccitata molte persone iniziano a costruire strumenti, a suonare, a fare delle ricerche ed è proprio in questo periodo che uno strumento come la ghironda, che giaceva in uno stato di "malattia", di crisi, ritorna ad essere utilizzato da molti gruppi. Liutai come Boudet, Grandchamps, Bleton iniziano a costruirla, riscoprono la tecnica e raggiungono la massima perfezione costruttiva; si riproducono le cornamuse che erano cadute nell'oblio totale. Non si tratta semplicemente di una crescita di interesse nei confronti di una tradizione preesistente ma spesso è un resuscitare, un reinventare la tradizione.
Il mondo del folk occitano transalpino degli anni Settanta è attivo, pieno di vitalità, di umanità, radicato nei tempi. Un po' per volta però i musicisti si legano a un concetto iper-regionalista di musica nel senso che abbandonano una certa "faciloneria" dei folk che tende a mettere un po' tutte le cose insieme, e iniziano a studiare attentamente lo stile, la tecnica strumentale e di canto specifici delle loro zone. Emblematica è la vicenda del Gran Rouge, un gruppo di ragazzi di Lione che fa un folk occitano legato alla musica del centro Francia (Morvan, Berry) e che successivamente si scioglie. Alcuni dei suoi componenti formano Lo Jai, un gruppo che esegue soltanto musica del Limosino perché uno dei suoi membri si trasferisce lì e studia la tecnica violinistica della zona.
Così il folk diventa trad. e, parallelamente, la sinistra al potere in Francia offre dei grossi spazi per l'insegnamento della musica tradizionale. Quelli che prima erano dei musicisti popolari diventano funzionari, responsabili; alcuni di loro, i più fortunati, ottengono il posto fisso come ricercatori e didatti, rimanendo sempre legati a una dimensione molto dipartimentale e regionale della musica. La ricerca di nuove forme musicali diventa un qualcosa di sempre più raffinato, cerebrale, e si arriva a quello che è il folk trad. francese degli anni Novanta: un prodotto che ha una sua clientela fissa, limitata dal punto di vista quantitativo, senza un vero rapporto "di sangue" con il territorio. Ci sono bravissimi musicisti che producono musica estremamente raffinata ma che non creano delle vere e proprie realtà popolari di massa. Questo a parte il caso del Béarn: i Nadau hanno lavorato molto bene in rapporto a questo territorio e qui c'è effettivamente un grosso interesse 'popolare' attorno alla musica tradizionale.
Nelle valli occitane d'Italia la situazione è diversa: la musica tradizionale non è un fenomeno di nicchia, riservato a pochi appassionati ma è un vero e proprio fenomeno di massa che tocca diversi strati sociali e culturali della popolazione e diverse classi di età. Le persone che si vedono ballare o suonare durante un concerto occitano si ritrovano poi in discoteca o a sentire un gruppo jazz o reggae, un po' come avviene nei Paesi Baschi, proprio perché è stato fatto un lavoro sul territorio che ha strappato la musica tradizionale da un ambito ristretto, elitario, per portarla a diventare un fenomeno popolare .

2.2 Gli strumenti musicali

Le terre occitane, in virtù della loro natura varia e diversificata, hanno espresso nel corso dei secoli una musica tradizionale che si distingue per la grande ricchezza di canti, melodie, balli e strumenti utilizzati. Basti pensare alla Val Varaita, con le sue 23 differenti danze o alle 7 diverse tipologie di cornamuse presenti sul territorio occitano, alla varietà di flauti e oboi, al patrimonio sterminato di canti dalle funzioni e caratteristiche più disparate.
Diamo uno sguardo ora ai vari tipi di strumenti. La ghironda è uno strumento a corda sfregata nato intorno all'anno Mille nei monasteri del Nord Europa; nei paesi occitani è molto diffusa, soprattutto al nord (Alvernia e Limosino) e in Guascogna (Lande). Nelle vallate occitane d'Italia era lo strumento tipico dei suonatori ambulanti che fino al periodo compreso tra le due guerre mondiali partivano, soprattutto dalle valli Maira e Stura, per guadagnarsi da vivere con la loro musica; fra questi ricordiamo Giovanni Conte detto "Briga" (1850-1935) che proveniva da Lottulo, in valle Maira. Nell'estremo nord dell'Alvernia, a Jenzat, si trova il principale centro per la fabbricazione della ghironda, attivo dalla fine del Settecento fino ai giorni nostri. Con sette tipi di cornamuse l'Occitania ci offre la maggiore varietà di questi strumenti rispetto a qualsiasi altra etnia sulla terra. Si tratta di cabrette, béchonnet, chabrette limousine e perigourdine, boha, bodega e samponha, ognuna con le proprie caratteristiche: la cabrette e la béchonnet non funzionano attraverso l'insufflazione diretta di aria dalla bocca del suonatore ma con un soffietto azionato dal suo avambraccio; la chabrette limousine è invece gonfiata a bocca e si caratterizza per la ricchissima decorazione; la bodega è definita anche "craba" perché l'otre su cui si innestano i suoi elementi è realizzato con la pelle intiera di una capra, e cosi via.
Abbiamo poi gli oboi, strumenti ad ancia doppia molto utilizzati fino al XIX secolo; il graile, strumento in legno, osso e corno utilizzato nell'alto Languedoc; l'aboes, un oboe in bosso e corno diviso in tre parti e suonato con l'accompagnamento dei tamburi; il clarin, un particolare tipo di oboe che possiede un portavoce (foro inferiore per il pollice) e che prende il nome dal termine "clar", 'chiaro' in occitano; il caremere, un clarinetto popolare in canna tipico delle Lande di Guascogna.
Vi sono poi varie tipologie di flauti: gli zufoli, in canna, in sambuco o in scorza di castagno, spesso erano costruiti dal suonatore stesso ed erano strumenti di apprendistato musicale, propedeutico all'approccio a cornamusa, oboe, fifre. Il fifre è un piccolo flauto traverso fabbricato quasi sempre in ebano; è di origine militare e viene utilizzato con l'accompagnamento di rullante e grancassa. Il galoubet è un flauto a tre buchi che, grazie alla diversa intensità del soffio del suonatore, riesce a produrre una scala cromatica completa; viene suonato con una mano sola (la sinistra) in modo da permettere al musicista di percuotere un tamburo con la destra ed il suo uso è tipico di tutta la Provenza. Di funzionamento analogo sono il flauto (sempre a tre buchi) e il ton ton, un tamburo a corde, utilizzati nel Béarn.
C'è poi il violino, quello popolare, utilizzato con una tecnica e uno stile differenti rispetto a quello classico e diffuso soprattutto nel Lemosino, nel Delfinato e nelle valli occitane d'Italia (in particolare Val Varaita).
Dalla metà del XIX secolo si aggiunge al variegato panorama strumentale occitano la fisarmonica che dapprima affianca e poi, in molti casi, soppianta gli strumenti di concezione più arcaica. Ve ne sono di diversi tipi: l'organetto diatonico, con le ance ordinate per coppia che suonano alternativamente (una quando il mantice inspira, l'altra quando il mantice espira); la fisarmonica cromatica che può avere tastiera a piano o a bottoni a ha i tasti tutti unitonici (cioè producono lo stesso suono sia inspirando che espirando); la fisarmonica semidiatonica, dotata di un sistema intermedio: i bassi sono unitonici mentre i bottoni del canto sono ordinati con scala diatonica. Sono utilizzate anche in coppia con il clarinetto per l'esecuzione delle danze tradizionali in alcune valli (soprattutto Val Vermenagna, poi Valli Chisone, Germanasca e Po). Ricordiamo infine lo scacciapensieri, presente nelle culture popolari di mezzo mondo; nelle valli è noto come "arebeba" e veniva utilizzato per accompagnare la danza .