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Castelmagno, tra storia e leggenda...

"Lou prà empachà" - "Il prato proibito"

di Michelino Isoardi


Per poter ben comprendere quanto vi andrò a narrare a proposito del "prato proibito" occorre prima fare una premessa sul luogo ove è sorto il Santuario di San Magno:
Dovete sapere che durante sterro per la costruzione del muro nelle vicinanze del Pilone furono trovate alcune monete (romane?). Il rinvenimento più importante fu però quello del sepolcreto, con una dozzina di tombe. Devo ora far rilevare una notevole discordanza fra quanto asserito dai due parroci storici castelmagnesi: il Don Riberi ed il Don Ristorto, che si occuparono di quelle vicende.
Scrive il Riberi nel Suo libro "San Magno martire", pag. 9, anno 1932:
"...Facendosi lo sterro per costruire la doppia via che serve alle processioni, circa l'anno 1904, fu rinvenuto un sepolcreto ... " ecc.
Don Ristorto, nel libro "Valle Grana nei secoli", pag. 12 anno 1977, scrive:
"...I reperti più considerevoli furono trovati nel 1912 quando il priore Don Mascarello fece compiere lavori di sterro in un prato attiguo al Santuario di San Magno e si scopri un sepolcreto ..., ed un vasetto di monete risalenti agli imperatori Valeriano e Massimiliano, cioè agli anni 253 - 305".
E' evidente la discordanza sia nelle date che nei luoghi dello scavo. Ho interrogato tutti i più anziani di Chiappi riguardo ai loro ricordi (cioè da quanto a loro raccontato) e tutti hanno separato il luogo dei due rinvenimenti.
Per sapere la verità, ne sono certo, sarebbe sufficiente consultare l'archivio parrocchiale (sempre che ancora esista!) per conoscere ogni cosa con precisione.
Don Mascarello era troppo diligente, troppo preciso per non aver annotato ogni cosa: oltretutto in quei tempi il Santuario di San Magno era uno dei più importanti del circondario di Cuneo perchè non vi fossero registrati tutti
gli avvenimenti che lo riguardavano.
Tornando al nostro "Il prato proibito", esso ha alle spalle una Storia molto movimentata.
Innanzi tutto il sito:
era questo situato fra i due "truc" del lato del Santuario che danno verso Chiappi; era un bel pianoro abbastanza vasto, dove ora vi è l'inizio del parcheggio.
I fatti:
era consuetudine (chissà, forse da millenni!) la sera precedente la festa di San Magno (il 18 agosto) fare un po' di festa e concluderla con un ballo la sera del 19.
Le parole esatte sono: "Lou bal ero la couo dla festo. I anavo la bando (couro iero) o i sounadour e la se fadìo quatre saout" (II ballo era la coda -il finale- della festa. Ci voleva la banda, quando c'era, o i suonatori e si facevano quattro salti).
Oggi, quella del ballo sarebbe considerata un'amenità, ma allora...
Si riferiva forse a questo quando Don B. Galaverna parroco di S. Ambrogio, già nel 1894 scriveva "…che la festa del Santo è talvolta sgraziatamente circondata di molta profanità!"
A buon conto, se i contrasti fossero mai già iniziati nel 1894 , e non ancora terminati nel 1919, come vedremo, pensate per quanto tempo fu turbata la festa di S. Magno!
Il parroco proibì il ballo su quel pianoro? Gran parte della popolazione ne ignorò il divieto!
Provò, il parroco, a coltivare patate con solchi ben profondi fra una fila e l'altra.
Alla sera del 18 i ballerini si recarono sul posto… Che fare?
Le patate erano in fiore, quindi non ancora mature: fu questa considerazione a vincere ogni titubanza.
Non sono mature? Quindi poco danno.
Per i balli di allora non occorreva certo un pavimento a palchetto! (Non so se si recuperò qualcosa del raccolto).
Il raccolto andò certamente tutto perduto, quando il campo fu coltivato a segale. Di solito la mietitura, giorno più, giorno meno, veniva fatta verso la metà di agosto: ma il "luogo proibito" era incassato fra due montagnole, ''lou post a l'ero oumbren" (il posto era ombroso), non prendeva sole che da mezzogiorno. La segale era ancora tutta da falciare.
I dançaires giunsero al limite del campo, perplessità estrema. Che fare?
Qualcuno, rivolgendosi a mio nonno, il papà di mia madre, disse:
" Gian, che faden?" (Giovanni, che facciamo?)
E Gian raccolte tre o quattro spighe le sgranò, ne mangiò una parte, osservò i chicchi già ben formati e sentenziò:
" La sei i es belo meouro; al sabìo (lou preire) che isì la se balavo, a l'avio mac da taialo!"
La segale è belle che matura, il prete lo sapeva che qui si ballava, aveva solo da falciarla!"

…Ed i danzatori si lanciarono nella segate alta quanto un uomo fino a che tutto fu spianato come da un rullo!
(Tutti questi fatti mi sono stati raccontati dai miei zii, i "Bigioi" con un unico commento: "Alouro la se fadio parei!!" cioè "Allora così si usava!!".
Decisione finale: asportare il campo!
Fu il 1912?, chissà, nessuno degli intervistati lo sa di preciso. La terra fu raccolta in grandi mucchi e man mano, a tempo disponibile, trasportata in località diverse secondo la necessità! Una parte servì per fare un primitivo piazzale davanti al Santuario, il resto trasportato in vari campi proprietà del Santuario; una parte sparsa giù dal pendio che guarda verso Chiappi.
Non si erano ancora costruiti i due muretti di contenimento (ancora oggi ben visibili) perchè il lavoro si era fatto d'inverno.
In primavera diluviò: la terra non ben sistemata e non ancora assestata franò nel ruscello degli "Escaroun". La gente commentò: "Lou preire à fach na bruto coso e auro lou diaou ai porto vio la tero!!"
(il prete ha fatto una brutta azione ed ora il diavolo gli porta via la terra!).
Ebbene, come da proverbio, non tutto il male viene per nuocere. Nei lavori di sterro, fu trovato quel vaso di terracotta contenente parecchie monete, più un ferro da cavallo ed un morso che per la sua forma strana
(a semicerchio) dette luogo a discussioni varie.
Che significato dare a quel vaso di monete? Era stato nascosto da qualcuno che non ebbe più la possibilità di recuperarlo? Era forse un'offerta al Dio Marte? Faceva parte di un corredo funerario? E se in quel luogo fosse stato sepolto un gran capo con il suo cavallo e una generosissima offerta per Caronte perchè non esitasse a traghettare nell'aldilà cavallo e cavaliere? Non si ha notizia di ritrovamento di ossa e la cosa può spiegarsi anche per il particolare tipo di terra, la terra dei "Tourel", molto magra e sabbiosa che demolirebbe la carcassa di un elefante
in pochi anni!
E' da notare che, pur con la terra ammucchiata, il ballo continuò lo stesso. Meraviglia tanta perspicacia da parte dei Castelmagnesi e l'altrettanta dura opposizione da parte del parroco.
Si giunse ad una denuncia in tribunale, ad una causa civile, ad aggressioni fisiche, insomma fu rovinata la convivenza nel paese.
Di questo posso citare una testimonianza precisa. La fornisce "Barbo Feriot", ormai tornato dalla guerra, con una lettera a mio padre in Albania:
"…Castelmagno, Chiappi 31-8-1919, ...La festa di San Magno passò abbastanza tranquilla se si eccettua un venti minuti di ballo nel "luogo proibito" nonostante che il Municipio avesse deliberato per iscritto di impedirlo ... "
Quindi nel 1919 la guerra per il ballo continuava ancora!!
Mi domando: il ballare dei Castelmagnesi in quel posto (con tutti i pianori che c'erano li attorno!) era forse il ripetersi di un rito, di un festa, che aveva avuto origine chissà quando, il ricordo inconscio di una liberazione da qualcosa o da qualcuno, qualcosa di cui si era perso il significato originario? E i parroci avevano forse intuito che quel pianoro era un'area di sepoltura? (allora Don Ristorto sarebbe nel vero... ).

Se così fosse, i Castelmagnesi ballavano ... sulla pancia dei loro antenati!!



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