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I nosti paìs - Le nostre borgate





La Montagna non è solamente un insieme di pietre, prati, alberi e ruscelli, la Montagna è storia, arte,
cultura e civiltà delle genti che da millenni la popolano e ne custodiscono il territorio.

Le origini della Valle Grana e di Castelmagno sono lontanissime...

Sembra comunque accertato che i primi suoi abitanti siano stati i Liguri Alpini. Ovvero coloro che nei secoli a seguire "mischiandosi" con i Celti, gli Iberi, i Baschi e altre tribù Galliche daranno vita alla civiltà occitana.

La prima testimonianza storica a noi giunta è un'ara, cioè un altarino, dedicata a Marte, venerato dai Romani come dio preposto alle attività dei campi, ai confini, e alla attività bellica che poteva assicurarne la difesa.
L'iscrizione sulla lapide, decifrata nel 1953, recita: " A Marte, Dio Ottimo e Padre, Esdulio Montano costruì un'ara, sciogliendo volentieri il suo voto".
Questo reperto fu portato alla luce nel 1894, dopo lavori fatti per abbassare il piano della cappella Allamandi; in tale occasione vennero ritrovate dodici tombe, vasi, lampade e oggetti vari, tra cui alcune monete di rame di epoca imperiale, risalenti circa al 250 d. C.

Agli inizi dell'era cristiana, dunque, l'alta valle era già frequentata dai pastori delle popolazioni gallo-liguri da poco sottomesse ai Romani.
A questo proposito ci vengono incontro alcune affermazioni di famosi loro condottieri:
Silvio Italico afferma che i Liguri, veloci e sparsi sui monti, diedero molta briga ai generali romani quando questi li vollero sottomettere.

Floro dice che i Liguri sono più difficili a scovare nei loro monti che a vincere.

Strabone
asserisce che questi, divisi per tribù, abitavano in villaggi disseminati, erano agricoltori poco abili, ma bravissimi pastori.
Derivavano il maggiore loro sostentamento dai greggi e rinomato ancora ai tempi di Plinio era il cacio di loro produzione.

A dimostrazione che "nulla è per caso", migliaia di anni dopo, le vicende riportate nei più antichi atti ufficiali presenti nell'archivio storico del comune di Castelmagno, rimandano al tema da cui si era partiti: la pastorizia.
A tal proposito, il testo di una sentenza arbitrale del 1277, ci narra che per l'usufrutto di alcuni pascoli in contestazione fra i Comuni di Castelmagno e Celle di Macra, si fissava come canone annuo "da pagarsi al Marchese di Saluzzo" una certa quantità di formaggi di Castelmagno!

Si giunge così al 2020 e ai giorni nostri, epoca in cui a Castelmagno, ogni anno, salgono in alpeggio più di 1500 bovini, un migliaio di ovino-caprini e tutto l'anno si producono migliaia di forme del "Re dei Formaggi", il Castelmagno D.O.P, il quale, insieme ad altri svariati formaggi e al loro indotto, rappresentano la maggiore fonte di reddito del territorio.


Fraz. Quiap - Chiappi (1670 mt.)










Fraz. Quiot - Chiotti (1542 mt.)








La storia ci riporta alla metà del 1700, epoca della nascita dello Stato Sardo o Regno di Sardegna e ci narra che il
Re Sabaudo, tra il 1738 e il 1744, nomina gli ingegneri Giuseppe Celoniano, Antoine Durieu, Giovan Battista Sottis,
Domenico Carello, Giovanni Giacomo Cantù per l'elaborazione della "Carta del Piemonte occidentale,
dalla frontiera del contado di Nizza sino alla Valle di Lucerna, e da Cuneo a Saluzzo sino alle frontiere di Francia",
comprendente le valli Gesso, Stura, Grana, Maira, Varaita e Po, la carta è composta da 11 parti.
I lavori per rilevare, rappresentare e descrivere il territorio procedono tra il 1745 e il 1757 durante le campagne contro i Gallo-Ispani: nella bella stagione sul campo, in inverno nello studio per l'elaborazione dei dati.

Nelle vallate le squadre di lavoro sono composte da: ingegnere topografo, traboccanti* per le misure,
esperti locali per le informazioni, lavoratori per il trasporto dei materiali.
La singole valli sono ricomposte in un unico quadro di 672x744 cm. Nell'affresco l'idrografia, la rete stradale e l'orografia hanno linguaggio comune. L'originale della Carta Storica è conservato presso l'Archivio Di Stato di Torino.



* Trabucco - Antica misura di lunghezza, superficie (trabucco quadrato), volume (trabucco cubo), usata in Italia prima dell'adozione del sistema metrico decimale. Il trabucco piemontese era adottato, insieme con altri, nelle provincie di Lomellina e di Voghera; il trabucco milanese, insieme con altri, in quelle di Voghera, di Pavia, di Novara e di Cremona.
Questa unità di misura fino all'adozione del sistema metrico decimale, decisa da Carlo Alberto nel 1848,
si riferiva alla realtà della vita quotidiana: quanto ara una coppia di buoi in un giorno, la distanza percorsa da un passo,
la lunghezza di un piede, la capacità di una botte o di un cucchiaio.



Castelmagno - Parte alta



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Curiosando sulla mappa si può notare la meticolosa precisione con cui sono stati riportati i sentieri, le mulattiere, torrenti e ruscelli. Anche diversi luoghi e toponimi, appena un pochino "italianizzati", sono tornati al loro posto e quasi con il loro nome originale. Il Viribianc è tornato a chiamarsi "Jablina", il Pervoulèt (Parvetto) è tornato giustamente di lato a Rocca Parvo e alle spalle di quest'ultima compare il "Monte Fonirola" e non quello che sulle attuali cartine viene definito Parvetto. Anche il "Colle del Mulo di Castelmagno" (
Fauniera) è al suo posto.

Le Basse di Narbona sono tornate Prati del Bue, "Prà dal Beu" nella locale lingua occitana.
Possiamo notare che, a quel tempo, la borgata Chiappi era già divisa in due parti ma entrambe portavano il nome di "Sarèt", la spianata sottostante si chiamava "Grauera".
Nelle mappe viene segnalata la presenza di mulini di grandi dimensioni a Chiotti, (definito "Vilagio di Chiot di Castelmagno") a Chiappi e naturalmente a Campomolino.






Castelmagno - Parte bassa



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Curiosando nella parte bassa della mappa storica di Castelmagno si può notare che, all'epoca le baite dei "Fourest" venivano chiamate "Vilagio del Pinet" e "Pinet Sotan", veniva quindi usato termine "Pinet" , lo stesso con cui ancora oggi vengono definiti l'omonimo alpeggio e la sua vecchia baita. I Pilounét erano detti "Pilonet", mentre i Chimou erano stati definiti "Ciomou".
Un'altra particolarità del tutto sconosciuta è il fatto che nei pressi dell'attuale fontana del "Bachasét" era presente un pilone votivo dedicato a S. Sebastiano, in quel punto, la mulattiera proveniente da Pradleves, si divideva in due diramazioni: una proseguiva diretta verso Campomolino, Chiotti, Chiappi e il Santuario di S. Magno, l'altra svoltava a destra in direzione Colletto (ai tempi chiamato "Vilagio di Castelmagno") e proseguiva verso Valliera, Campofei e "Botora", il nome con cui era definita Batuira.
Sempre sulla medesima mulattiera, più o meno dove negli anni '80 è stato costruito il paravalanghe di Cauri, viene segnalata la presenza di una fornace per la preparazione della calce.



Gli esperti locali avevano fatto un buon lavoro.
Sembra di risentir parlare Manha Catlinota, Manhèt, Toumà Grand e Jacou 'Chot…


Fraz. Champdamoulin - Campomolino (1141 mt.)










Fraz. Lou Coulét - Colletto (1272 mt.)










Fraz. Batouira - Batuira (1610 mt.)








Fraz. Valiera - Valliera (1509 mt.)








Fraz. Champdarfei - Campofei (1489 mt.)






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In questa pagina immagini di: Claudio Pallard  Ezio Donadio  Luca Falco  Daniele Garnerone  Cesare Boschis  Lana Biglia
Marco Vittori   Maurizio Giaminardi  Dario Donadio  Antonio Anghelone  Laura Carenini Nedo Conti Paolo Molinengo



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